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lunedì 12 novembre 2018

Quando l’Italia respingeva, con morti

Rimpatri di massa e respingimenti, ora non più possibili nemmeno a Salvini, furono la prima risposta italiana alle immigrazioni di massa, allora di albanesi. Il primo rimpatrio di massa si effettuò per lo sbarco più spettacolare. Del mercantile albanese “Vlora”, che, sequestrato a Valona da uomini armati, dovette caricarsi all’inverosimile di albanesi, 17 mila la prima conta, 20 mila la seconda, allo sbarco, e fece rotta su Brindisi. Dove l’ingresso in porto fu rifiutato dalla locale Capitaneria.
La foto del “Vlora” coperto di esseri umani fece il giro del mondo, e al mercantile fu allora consentito l’approdo a Bari, per le pessime condizioni igieniche a bordo e per il rischio di naufragio. I 17 mila furono rinchiusi nello stadio, e sfamati dall’alto con gli elicotteri. Finché l’operazione rimpatrio non fu pronta: un paio di jeans, una maglietta, 50 mila lire in contanti ognuno, e circa 20 mila albanesi, più di quanti erano arrivati col “Vlora”, furono rimpatriati in tre giorni con un ponte aereo impressionante, di cargo militari e aerei Alitalia, e di mezzi della Marina.
Fu l’ultimo momento di gloria per l’Italia in Germania – il rimpatrio con 50 mila lire. Era l’agosto del 1991. Era presidente del consiglio Andreotti, ministro dell’Interno Scotti, capo della Polizia, e ideatore del rimpatrio, Vincenzo Parisi. Furono rimpatriati tutti gli albanesi sottomano, eccetto 1.500, per i quali era aperta la pratica di rifugiato politico.
L’operazione fu ripetuta, in dimensioni non così gigantesche ma significative, in condizioni giuridicamente sovraesposte e censurabili, sei anni dopo, sempre in agosto, presidente del consiglio Prodi, ministro dell’Interno Napolitano. A marzo ne erano arrivati 10 mila, ma 7 mila, già irreperibili, si faticò a ritrovarli qua do il rimpatrio forzoso infine fu deciso.
Intanto, a fine marzo, c’era stato lo speronamento di una motovedetta albanese, la Katër i Radës, “quattro in rada”, da parte della corvetta Sibilla della Marina militare, nel tentativo di impedirne l’approdo sulla costa italiana. I morti erano stati 105-108. L’imbarcazione albanese era piccola,  per nove membri di equipaggio, ma aveva caricato 142 persone.
Il blocco navale “Balena Bianca” deciso dal governo Prodi era stato dichiarato “illegale” dall’Alto Commissariato Onu per i Rifugiati, in quanto la materia immigrazione era regolata da un accordo bilaterale tra il governo italiano e quello albanese, dal quale non provenivano quindi iniziative ostili.


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