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mercoledì 2 dicembre 2020

Il signor Nessuno

“Era il rovescio di ogni cosa che m’incuriosiva, il rovescio delle case, il rovescio dei giardini, il rovescio delle strade, il rovescio delle città, il rovescio dei televisori, il rovescio delle lavastoviglie, il rovescio del mare, il rovescio della luna”. Ancora nel 1978, mentre cogitava  questo “Palomar”, forse lo stava scrivendo, Calvino immaginava un “Fulgenzio” che la sua giovinezza vede così (“Lo specchio, il bersaglio”,  sul “Corriere della sera” 14 dicembre 1978, ora in “Prima che tu dica «Pronto»”). Insoddisfatto: “Ma quando riuscivo a raggiungere il rovescio, capivo che quello che cercavo io era il rovescio del rovescio, anzi il rovescio del rovescio del rovescio, no; il rovescio del rovescio del rovescio….”.
Questo è quello che fa il signor Palomar. In spiaggia d’estate guarda e indaga le onde e il topless, fa la “nuotata serale”, perplesso, forse stanco, trova nel giardino di casa lo strombazzare degli uccelli, specie il “fischio del merlo”, con qualche fastidio (“ma i dialoghi umani sono qualcosa di diverso?”), strappa le erbacce, osserva i tre “pianeti esterni” per una notte visibili tutt’e tre insieme, Marte, Saturno e Giove. Poi si sposta in città. A Roma combatte i piccioni, “lumen-pennuti”, “progenie degenerata e sozza e infetta, né domestica né selvatica ma integrata nelle istituzioni pubbliche, e come tale inestinguibile”. E osserva gli storni, perplesso – sull’intelligenza animale, o delle trasmigrazioni. Indeciso la sera se guardare la tv o il geco. A Parigi va dal formaggiaio, dal macellaio, allo zoo di Vincennes, che gli richiama lo zoo di Barcellona, e al Jardin des Plantes. Ogni capitoletto segnando con tre cifre, 1, 2, 3, ma non nello stesso ordine, spiega infine in nota, le cifre si spostano col racconto. Perché ognuna di essere corrisponde a un particolare senso tematico della zona del capitoletto che designa: “Gli 1 corrispondono generalmente a un’esperienza visiva” (“un’immagine”), “nei 2 sono presenti elementi antropologici, culturali in senso lato”, “i 3 rendono conto di esperienze di tipi più speculativo”, cosmo, tempo, infinito, io, mondo – passando così “dall’ambito della descrizione e del racconto a quello della meditazione”. A Parigi seguono “i viaggi di Palomar”. Che iniziano con “I silenzi di Palomar” – i silenzi per cui Calvino era famoso. Combattuto tra “il parlare in certa misura e il non parlare mai”. Prova ad occuparsi della diatriba tra i giovani e i vecchi. Ma non si appassiona che a modelli, fisici, matematici, logici. Prova a farne forme di vita, non ci riesce. E allora guarda il mondo, come se non fosse mondo. Insomma, ha “difficoltà di rapporti con il prossimo”, ci “soffre molto”, e finisce per pensare al mondo senza di lui.
Una parabola della vita – di Calvino. Un exploit notevole, ma niente più di questo, niente di appassionante o memorabile. Poco empatico, come si dice oggi, e un pizzino anzi misantropo.
Scorre in fretta, come il fischio del merlo, si chiude con disappunto, per il signor Palomar a disagio, e per sé. Il racconto di un’inappetenza.
Italo Calvino,
Palomar, Sorrisi e Canzoni tv + la Repubblica, pp. 132 € 8,90

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