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lunedì 9 ottobre 2023

Non sarà una guerra lampo

Non sarà una guerra lampo, quella scatenata dai Palestinesi contro Israele (chiamare terroristi gli attaccanti è probabilmente una forma di pigrizia, e non aiuta a capire né a risolvere), nella ricorrenza dell’attacco egiziano del Yom Kippur 1973 per la liberazione del Sinai. La forza militare è dalla parte di Israele, senza alcuna comparazione possibile, ma Gaza non è occupabile, e nemmeno controllabile: il recupero della credibilità della propria deterrenza, un dogma in Israele dalla guerra dei Sei Giorni, richiederà tempo, con molte morti e distruzioni.
Lo stato maggiore e il governo israeliano indirettamente lo confermano, che hanno provato a spostare la guerra a Nord, contro Hezbollah, cioè contro il Libano. Impresa più facile, già messa in atto da Israele contro l’Olp, l’organizzazione per la Liberazione della Palestina di Arafat, che Hezbollah ha, per ora, rintuzzato, proclamandosi estraneo all’attacco da Sud.
Gaza è un territorio piccolo, 365 kmq – quanto la provincia di Prato, per intendersi, la più piccola in Italia se si esclude Trieste. Con due milioni di residenti, tre quarti dei quali rifugiati. Due connotazioni, la superficie ridotta e l’alta densità abitativa, che non favoriscono l’occupazione prolungata, contrariamente a quanto sembrerebbe, anzi la rendono impervia.
Il 7 ottobre Israele ha avuto probabilmente più vittime di tutte le sue guerre, tra morti e ostaggi. In una operazione che Hamas chiama Al Aqsa, la Grande Moschea di Gerusalemme oltraggiata qualche tempo fa dalla polizia e le forze armate israeliane. L’organizzazione e il successo militare dell’attacco a Israele daranno probabilmente a Hamas lo status di forza combattente militare, non più terroristica. E quindi un’identità politica, statuale.

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