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martedì 27 gennaio 2009

L'Espresso: la crisi c'è, Murdoch (ancora) no

Il gruppo editoriale di Carlo De Benedetti va incontro a una ristrutturazione. In vista di una cessione, forse in compartecipazione. Si spiega così il forte rimbalzo del titolo in Borsa, a un riesame dell’annuncio di Carlo De Benedetti di lasciare le cariche, adducendo la questione di età in forma giovanile.
Lascia tutto, De Benedetti, ma in pratica solo il gruppo Espresso-Repubblica, dove la sua presenza era effettiva. Mantenendo i poteri di nomina dei direttori dei giornali, per garantire la continuità della linea politica, tenendola al riparo dei mutamenti previsti nella proprietà. Non ci sono compratori manifesti, o anche possibili, se non il solito Murdoch, e tuttavia degli approcci ci sarebbero stati da parte di Carlo De Benedetti in persona.
Esiste almeno un progetto per Murdoch nel gruppo editoriale e L’Espresso-Repubblica in Sky, al posto di Telecom. Ma non si sono registrati incontri o fatti sostanziali su questa strada. L’ipotesi invece che si fa con più credito è che il gruppo subisca uno scossone, in grado di coprire la crisi in corso e quella incombente, di copie e di pubblicità, con forti tagli dei costi. Scossone per il quale la divisione fra management e poteri di nomina si ritiene la migliore. È anche un fatto, inoltre, che i De Benedetti cercano soci o compratori per il gruppo editoriale. La redditività è a zero, e sarà negativa, e i figli di Carlo De Benedetti, che non hanno la passione politica del padre, sono ansiosi di capitalizzare adesso.
Su Murdoch però non ci sono novità, solo il fatto che sarebbe l’unico in grado di rilevare il gruppo L’Espresso. Resta inoltre da capire se un imprenditore televisivo, che è comunque un concessionario dello Stato, anche se per la tv criptata, possa possedere giornali. Dal lato De Benedetti invece ci sono più certezze. Viene esclusa l’ipotesi di uno scambio di partecipazioni, con L’Espresso in Sky, magari al posto di Telecom. I figli De Benedetti non hanno l’esperienza, e comunque non avrebbero le risorse, per imbarcarsi nella tv a pagamento, un settore ancora a forte investimento. E non intenderebbero rassegnarvisi a una partecipazione passiva, puramente finanziaria. Ma la cessione comunque si farà: l’editoria non è da un paio d’anni, e non sarà per qualche anno, un affare, con la pubblicità stagnante o in calo, con i rinnovi contrattuali in ritardo da sei anni, e nell’attesa di un riassetto del mercato che difenda i giornali dall’assalto della free press e dei nuovi media.

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