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giovedì 16 luglio 2009

A Sud del Sud - il Sud di nessun Nord (39)

Giuseppe Leuzzi

Ogni sera alle 19, in Versilia o nella costa romagnola, in ogni stabilimento balneare due persone in squadra filtrano la sabbia in superficie, raccogliendo cicche, cartacce e plastiche, la rasano, ribaltano e scuotono sdraio e lettini, li ripongono in ordine squadrato attorno a ogni ombrellone, e chiudono gli ombrelloni. Trovano a volte anche le chiavi della macchina che vi sono cadute dalla tasca. In un'ora e mezza di intensa applicazione del duo, ogni bagno si ripresenta lindo per il giorno dopo. I faticatori sono locali, gente in età che ne fa una seconda attività e ragazzi acchittati con gel, tatuaggi e ipod, che magari avviano così l'attività di bagnino, remunerativa seppure stagionale. Nei 709 bagni toscani, dunque, da Capalbio alla Partaccia, e nei 1.039 romagnoli, da Cattolica al Lido di Volano, 335 e 165 chilometri, 500 in tutto, in meno di due ore si fanno un'apprezzata giornata di lavoro almeno 3.500 persone, italiani, locali.
In Calabria, circa 700 chilometri balneabili, non ci sono 1.700 bagni, non ci sono nemmeno 170, e questo si spiega: non c'è nessuno che faccia la pulizia e il riordino la sera. Anche durante il giorno, se non c'è un inserviente ucraino o rumeno, si può aspettare l'assegnazione dell'ombrellone a tempo indeterminato sotto il solleone, il giovane bagnino ha sempre altro da fare, e poi è un dirigente, se non è un padrone, per lui spostare o aprire un lettino non è mansione onorevole.
Il problema è questo, nell'industria del mare in Calabria come nell'entroterra: che non manca il lavoro, manca la voglia di lavorare.

Le facce della bottega di Olivero Toscani che si espongono in giro per l'Italia sembrano quelle "antropologiche" del vecchio atlante De Agostini; il caucasico, il negroide, eccetera. Sono facce lombrosiane, è inutile negarlo, che indicano cioè un carattere e anche una cultura e una razza. Ma nel confronto non sfiguriamo, non siamo al Sud razza peggiore, e anche viene da dire molto migliore. Somaticamente.
E non è tutto: è anche Lombroso contro Lombroso - com'era di suo il professore Lombroso, caucasico (il tipo è molto peloso)?

Sicilia
E' un paio di brache aperte, dice il Sarto all'ingrosso di Laurence Sterne nel "Romanzo politico", p.35 circa: "Nulla in tutto il globo terracqueo che assomiglia a un paio di brache aperte quanto l'isola di Sicilia".

C'è un cavaliere Landolina, come quello della Venere, in un racconto di Potocki.

"Lucus a non lucendo", il mondo di Heidegger, è la citazione con cui il marchese di San Giuliano, ministro del governo ammazza-operai del gen. Pelloux nel 1898, aveva aperto cinque anni prima il suo classico "Le condizioni presenti della Sicilia".

Negli anni1789 e successivi, quando in Europa si faceva la rivoluzione Palermo falsificava le carte della storia, tramite l'abate Vella, povero frate maltese.
La storia, certo, è anche un falso. Come la geografia. Per esempio, è Palermo la Sicilia? Sì, e no.

Al centro dell'isola i pistacchi, albero rigoglioso di liane feconde sulla roccia del sogno alchemico. Si può dire la Sicilia terra alchemica, nera di vulcani, bianca di sali, gialla di limoni, verde di rugiada, rossa di buon vino, che trasmuta in sangue. Fu qui che gli arabi inventarono l'alchimia.

L'Encyclopédie (1765) descrive Palermo come una Pompei, una città morta.

Scrive Georges Duby, lo storico del Medio Evo, di Federico II: "Difficilmente comprensibile per i religiosi del XIIImo secolo, del tutto privi di elasticità mentale: era siciliano".
(Non era tedesco?)

Sciascia e i siciliani in genere sono orgogliosi dell'etimo mafia, sebbene incerto, come se fosse questione nazionale. Ma una via Maffia è nel "Diario del Settimanni", manoscritto, all'Archivio di Stato fiorentino, citato in "Cortigiane del secolo XVI", Forni Editore, p. 171, a propopsito della vedova del principe Francesco Maria de' Medici, che se la faceva con uno stalliere, ne ebbe un figlio, e lo diede a balia a una donna che abitava "nel fondaccio di Santo Spirito, quasi al dirimpetto della via Maffia e della casa del marchese Rinuccini". La vedova era Eleonora Gonzaga di Guastalla.

Per cinquant'anni uno dei capisaldi della storia della Sicilia e dell'Italia è stato che gli Usa avevano liberato l'isola con la mafia e avevano alimentato il separatismo e il banditismo, di Giuliano compreso. Una storia volutamente falsa, poiché le carte, che ora si pubblicano in America, erano note per altri canali ai pubblicisti del Pci, specie ai siciliani.
La storia del Sud è anche questo, un'aggressione nel nome della verità, falsa. Come, più di recente, con i "falsi" processi di Palermo. Si capisce che nell'isola, che pure ne avrebbe più bisogno di ogni altra regione, la sinistra sia scomparsa, volatilizzata. Passata la ricostruzione (essenzialmente la sindacalizzazione), la sinistra ha solo schiacciato la Sicilia: il tutto è mafia non lascia scampo.

Calabria
Primo Levi, che ha un paio di calabresi memorabili nel racconto della lunga, lenta, liberazione da Auschwitz, "La tregua", In "La chiave a stella" aggiunge una notazione: "E poi lo sanno tutti che fra i russi e i calabresi non c'è tanta differenza..., bravi, puliti, rispettosi e di buon umore".
Ma ricorda pure che si diceva: "Battere la calabria", per "battere la fiacca".

"Aceto forte galavrese" sparge Cenne de la Chitarra parodiando i sonetti di Folgòre da San Gimignano.

Savinio, "Partita rimandata. Diario calabrese", scrittore non prevenuto e anzi benevolente, inizia il viaggio, alla stazione Termini a Roma, con questo quadro: "Spettacolo solito delle popolazioni meridionali. Spettacolo desolante,. Poverismo. Tristezza. Umiliazione della fatica, sopratttutto nelle donne - nelle povere donne. E l'infanzia brulicante e misera. Spettacolo che si ripete dovunque arrivino gruppi o lembi di queste popolazioni - sale d'aspetto dei nostri consolati, fumanti di miseria. Perché? Perché?"
Questo non è più vero, i giovani ora sono diversi. Alzando gli occhi dal libro, anzi, d’improvviso, al bagno Pierino alle Pietrenere di Palmi, nessuno ha più peli sul petto, nessuno degli uomini, dei maschi, quasi tutti giovani e molto giovani. Tutti hanno i draghi più fantasiosi tatuati ai posti più giusti. E sono tutti palestrati, eretti, proporzionati. Cioè, non è che d’improvviso i peli siano scomparsi, è che capita di notare questa mancanza. E non è che i calabresi di Palmi e della Piana siano glabri. D’improvviso si capisce che tutti fanno trattamenti estetici. Anche i mafiosi evidentemente, che tra queste foille non mancheranno, i lazzaroni, i latitanti, gli assassini: i calabresi passano il loro tempo nelle beauty farm, come ora si chiamano le estetiste. A Savinio nemmeno questo sarebbe piaciuto, perché l'estetica non è il problema.
Questi poveri d’Italia hanno soldi da spendere nelle beauty farm. Soldi di famiglia, perché la maggior parta non lavorano, non ancora, ci saranno padri che pagano per due e tre figli periodicamente nella beauty farm. Anche le sopracciglia molti hanno spaziate, depilate, corrette. Le donne pure. Ma il quesito resta: "Perché? Perché?". Perché una terra che è il paradiso, di bellezza e fertilità, è inospitale e sterile, per i molti invivibile.

E' invece sempre vero, dopo sessant'anni, che il Sud comincia alla stazione Termini. Impropriamente, poiché Roma non rientra nella ex Cassa del Mezzogiorno, ma da Termini partono i treni per il Sud. Senza nulla in comune, categoria per categoria, Intercity, Eurocity, Eurostar, con quelli che dalla stessa stazione vano a Nord: solo porcilaie al Sud, delle Ferrovie dello Stato, mica di un qualsiasi profittatore di regime.

Omertà
Quando i mafiosi furono confinati in Liguria e in Lombardia, i loro affari fecero un balzo vertiginoso.

Anche in guerra, i soldati del Nord sono feriti al petto, quelli del Sud alla schiena.

Nel 1948, o nel 1949, Montanelli ridicolizzò la Calabria sul "Corriere della sera" con un decalogo del cesso inaccessibile, se non montando in piedi sulla tazza. In Grecia c'è un decalogo analogo, ma si sale sulla tazza "all'albanese".
Si può sempre ipotizzare che gli albanesi abbiano influenzato i calabresi, certo. Ma le tazze devono essere d'acciaio, per non frantumarsi?

leuzzi@antiit.eu

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