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mercoledì 28 ottobre 2009

La famiglia che Kafka ambiva

Un romanzetto, dunque non può essere un'ingiustizia. Canetti ha fatto un romanzo di Kafka. Ma sul tema del matrimonio impossibile cosa ha mancato! Forse per proiettare sul matrimonio sue proprie fobie. Gli aneddoti del mancato fidanzamento con Felice sono spassosi, soprattutto la riunione die parenti di lei in albergo a Berlino per giudicare il promesso. Ma Kafka non aveva paura della donna: vivrà con Dora Diamant a Berlino, soli e isolati, in condizioni non agiate, la prima volta che gli capitava, in un'ebollizione politica e sociale che non comprendeva, mostruosa. Né ha paura dei figli: si trova a suo agio con i nipoti, e con i bambini che gli capiti d'incontrare.
Kafka aveva paura della vita familiare perché era scontento della sua nella casa paterna, del rapporto fra i genitori e i figli, e fra i genitori, e lì era scontento del rapporto col padre, non di quello con la sorella o la madre, o del sistema di vita familiare, molto aperto agli amici, alle abitudini irregolari. È una scontentezza metafisicca (vedi "La Lettera", il padre essendo l'ombra reale di se stesso, il pipistrello gigante che la vita proietta su ognuno. E pratica, effettuale, per avere lui e il padre, con suo personale dolore, due caratteri diversi. L'analisi freudiana, tutta fisiologica, è limitata.
Elias Canetti, L'altro processo di Kafka

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