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mercoledì 29 giugno 2011

Il giornalismo del caro-acqua

“Com’era facile prevedere, il secondo referendum sull’acqua, che cancella la norma del 2006 sulla remunerazione del capitale investito nella misura massima del 7 per cento, viene serenamente aggirato dalla prima azienda pubblica italiana del settore, l’Acquedotto Pugliese”, segnala “serenamente” Massimo Mucchetti sul “Corriere della sera”.
Abbiamo votato al referendum per togliere il cap del rendimento massimo 7 per cento delle tariffe per l’acqua, e ancora non lo sappiamo. Vendola sì, che ha promosso il referendum, e si affretta a trarne beneficio: l’Acquedotto Pugliese praticherà liberamente tariffe che consentano una remunerazione superiore (anche perché bisognerà remunerare Merrill Lynch e le altre banche che hanno sottoscritto obbligazioni dell’Acquedotto al 7 per cento e più). L’equivoco in cui sono stati indotti gli entusiasti del sì è perfino grossolano: in nome del bene naturale inalienabile abbiamo votato per pagare alti interessi alle banche, e per sovvenzionare politici famelici.
Si discute se non è cominciato un nuovo ciclo politico, non più favorevole a Berlusconi, dopo la sconfitta a Milano e nei referendum. Oggi come nel 1974 e il referendum sul divorzio, cui seguirono le regionali del 1975 e le politiche del 1976 che registrarono il boom del Pci, a un voto sotto la maggioranza relativa. Una valanga allora – poi gestita da Berlinguer col grottesco compromesso storico di Andrettoi, dei governicchi senza senso nella peggiore crisi finanziaria e politica dell’Italia, e conclusa nel 1979 con la prima sconfitta elettorale del Pci nel lungo dopoguerra.
È possibile che un nuovo ciclo politico sia cominciato per quanto riguarda Milano. Per il referendum abbiamo perso noi. Quelli che paghiamo l’acqua e, di più, quelli che leggiamo i giornali e votiamo con cognizione di causa: i referendum sono stati un tranello teso all’opinione pubblica da chi di quell’opinione si erge a vestale e difensore, i giornali. Con i banchieri loro padroni, e i giornalisti loro gregari. Non ci sono giornali onesti, si sa (la segnalazione di Mucchetti viene “nascosta” nei commenti di Borsa, di nessun interesse per i lettori di quella rubrica dato che l’Acquedotto Pugliese è orgogliosamente proprietà di Vendola), ma in questo caso si è abbattuto ogni record negativo.
Per un interesse politico? È dubbio, non ci sono giornali, compresa “l’Unità” e forse “il Manifesto”, a favore della proprietà pubblica delle aziende di servizi. Per fare uno sgambetto a Berlusconi, trascinando al voto gli italiani con la scusa dell’acqua per votare contro il legittimo impedimento? Ma è evidente che Berlusconi ci sguazza, in queste cose di “giustizia”. No, hanno taciuto perché è interesse delle banche avere enti locali avidi, grandi prenditori, e comunque pagatori garantiti, in ultima ratio dal Tesoro. Una verità estremamente squallida, ma non ce n’è altra.
Si dirà questa l’epoca della dittatura dei media. In politica, nel costume, negli affari, perfino nella guerra. Avendo subornato o “incravattato” l’opinione pubblica: non ce n’è altra all’infuori dei talk-show, dei giornali, del gossip, delle intercettazioni. Giornalisti insegnano all’università, non soltanto il karaoke. Insegnano il civismo, nuova disciplina – il civismo del pettegolezzo? La Costituzione “materiale”, e perfino l’inno di Mameli.Insegnano pure nelle scuole di scrittura, perché il tutto si tiene. E si vede.

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