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domenica 20 dicembre 2015

L’egemonia senza popolo

Un libello sulla sinistra francese che “cerca disperatamente il suo popolo”. Diagnosi attardata, benché di uno studioso accademico. Con attrezzi attardati: l’egemonia culturale di Grasmci come preliminare alla vittoria politica. Quasi commovente, essendo una perorazione – di una collezione “Pugni sul tavolo”. Ma non c’è tema o materia su cui la sinistra sia al passo coi tempi: Europa, diritto familiare, natalità, nazionalità, identità culturale, l’elenco di Brustier è impressionante – e il lavoro? Teorizzata da Gramsci a sinistra e praticata dai partiti comunisti, l’egemonia culturale è ora anzi la causa principale della sterilità politica della sinistra stessa, coltivando la propria sopravivenza, il “sottogoverno” della cultura: favori vicendevoli, posti, prebende.
“Á demain, Gramsci” dà l’addio all’egemonia in Francia, dove la pretesa è vuota da tempo, da prima della caduta del Muro. Una riflessione sterile, stereotipa, che ha provocato  abbandoni anche illustri, da Debray e Finkielkraut, una dozzina di nomi rinomati. Ma è facile da leggere perché in Italia non è diverso: la pretesa è immutata alla Rai, nelle redazioni, sempre molto controllate, nell’editoria, nei festival culturali che dilagano. Mentre l’egemonia vera è della destra, in alto e in basso – in economia, in politica e nel linguaggio, dal conformismo al turpiloquio. Cui la sinistra concorre appunto con l’albagia.  
Gaël Brustier, Á demain, Gramsci, Cerf, pp. 72. € 5

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