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sabato 21 settembre 2019

Appalti, fisco, abusi (157)

Una bolletta tipica dell’Enel, per la fornitura di energia elettrica in abitazione principale, contabilizza 92 kWh  per luglio, “sulla base delle letture rilevate dal distributore”, e 121 per agosto, quando tutte le case di abitazione sono deserte, contro ogni “media” stagionale, per “consumi stimati da Enel Energia”. Non è un caso e non è un’eccezione: è un abuso. Il conguaglio sarà fatto (sarà fatto? l’utente che ne sa, la lettura del contatore essendo esercizio di specialisti?) chissà quando. Un abuso consentito dall’Autorità per l’Energia – ora Arera, per Energia, Reti e Ambiente.

Per altra utenza, in casa secondaria, sempre per luglio-agosto, Enel fattura “consumi attribuiti sulla base delle letture rilevate dal distributore”, per entrambi i mesi. Quindi la lettura del distributore è disponibile anche per agosto.
Enel vuole fatturare almeno 80-100 a bimestre, a prescindere dai consumi.

Un consumo di elettricità di x kWh nel 2018 è stato fatturato x euro. A fronte dei quali successivamente, nei due primi bimestri del 2019, ben 185 euro sono stati rimborsati. Con quali calcoli si fa la bolletta? Quali garanzie ha l’utente che la bolletta sia congrua? Da utente che pure sa leggere le fatture (di lettura impervia e quasi iniziatica) e controlla le letture in qualche modo sui contatori.

L’acqua pubblica è più che raddoppiata di prezzo dopo il referendum otto anni fa, nel maggio 2011. Si fa pagare il terrorismo ecologico sulla “fine dell’acqua” – che è una scemenza. Invece di riparare le condotte e razionalizzare le sorgenti, le prese d’acqua. Si specula, i Comuni speculano, su una paura, invece di riparare il danno – metà dell’acqua prelevata alle sorgenti, montagna, fiumi, laghi, si disperde nelle tubature prima di arrivare ai rubinetti.

Si specula sull’evasione fiscale per tassare anche la capacità di spesa. Ora il contante. Mentre l’evasione è soprattutto dell’Iva,  che è già a livelli proibitivi, e si vorrebbe aumentarla. Si specula sui pagamenti in contanti per altri (piccoli) prelievi – uno-due euro su uno o due milioni di operazioni, al giorno. Come sui depositi, e sul risparmio.

Ci vogliono otto mesi a un artigiano per uscire dal fisco - per finire di lavorare per il fisco. Due terzi dell’anno. Due terzi del reddito prodotto. Ogni anno implacabile la Cna, la confederazione degli artigiani, denuncia il sopruso, a nessun effetto.

Lo Stato preleva, attraverso imposte, tasse e adempimenti vari, due terzi del reddito prodotto da un lavoratore autonomo, ma con eccezioni: a Bolzano, Trento, nel Friuli, in Valtellina, basta la metà dell’anno, poco più. A Reggio Calabria record negativo: si paga il 69,8 per cento del reddito prodotto allo Stato, alla Regione e al Comune. Ma anche realtà molto produttive pagano oltre i due terzi del reddito al fisco: Bologna il 68,7, Roma il 67, Napoli il 66,7, Firenze il 66,5.

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