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giovedì 17 novembre 2022

Alle origini del mito Marlowe

Il primo romanzo di Chandler, l’inizio della sua seconda vita, o terza, o quarta: dopo il militare, mezzo britannico e mezzo americano nell’esercito canadese, il matrimonio con Cissy, il grande amore, ma di 18 anni più grande, e l’alcol. Tornato sobrio ripartì con la scrittura, d’invenzione invece che giornalistica, e alla vigilia della guerra debuttò infine riconosciuto con questo che è il primo caso di Philip Marlowe – la prima invenzione di un detective presto famoso dopo Sherlock Holmes (i detective precedenti di Chandler, nei racconti sparsi in rivista, si chiamavano Carmady, Mallory e Delmas).
Un racconto oggi scolastico: Chandler esordiva dopo un periodo difficile, di inoperosità, crisi coniugale, alcol. Scrive cose del tipo: “Indossava un vestito marrone ben stirato e c’era una perla nera sulla sua cravatta. Aveva le lunghe dita nervose di un uomo dal cervello rapido. Si mostrava pronto per una lotta”. Oppure: si può diventare “stranieri”, nascondendosi in un’altra città, ai margini, con nomi falsi, ignoti ai più, ma prima o poi si finisce per ritornare in sé “nel sistema fiscale”. Ma Marlowe, alla sua prima apparizione, fa centro, e diventa subito un mito – soprattutto al cinema, impersonato da una lunga serie di star, Dick Powell, Humphrey Bogart, Robert Montgomery, Elliott Gould, Robert Mitchum, Steve Martin, e specchiato dal Jack Nicholson di Polanski, “Chinatown”, fino al “Grande Lebowski” dei fratelli Coen, che gli dedicano un cameo.
Raymond Chandler, Il grande sonno, Adelphi, pp. 261 € 19

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