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domenica 12 marzo 2023

Contro la CCT, Commissione Cancellazione Totalitarismo

Una “difesa” del totalitarismo. Del fatto storico, sottraendolo a sociologi, scienzianti politici, psicologi. A tutti quelli che, “per amore di scienza”, lo negano, chi al fascismo, chi allo stalinismo, e c’è perfino chi lo nega a Hitler. “Ritorno alla storia” è il sottotitolo, una dichiarazione di possesso, da parte dello storico Gentile. Che poi, però, strattona anche storici di professione, come Hobsbawm sullo stalinismo, o Gordon Craig sul nazismo.
Un pamphlet, avviato sul dispiegamento orwelliano di una Commissione Cancellazione Totalitarismo – ma senza citare Orwell. Contro Hannah Arendt, d’acchito – a cui  Gentile oppone Giuseppe Galasso, lo storico. Per celebrare il centenario della coniazione del termine, e anche del concetto, da parte di Giovanni Amendola – da parte quindi dell’antifascismo, come concezione negativa, del potere politico e della società. Ma soprattutto, curiosamente, per affermarne la modernità. La modernità del totalitarismo. Non del tutto criticamente, negativamente. Come uno dei modi di affrontare-organizzare la modernità – le masse, i diritti, le tecnologie. In alcune situazioni, Italia per prima, più efficace di altri, del liberalismo – che l’Italia aveva conosciuto anche troppo bene – e del bolscevismo.
Non una novità: Gentile è stato bene ideatore e curatore una dozzina d’anni fa della silloge di storici e scienziati politici intitolata “Modernità totalitaria”. Questo saggio vuole come “definitivo”, opera di riferimento. Pendant della “Storia del fascismo” con cui ha salutato l’anno scorso il centenario della “marcia su Roma” – la storia “definitiva”, che ora “Repubblica” ripopone a dispense e illustrata in edicola - complemento anche volumetrico della biografia di Mussolini monumentale a opera di Renzo De Felice, che di Gentile è stato maestro. Ma scritto col sarcasmo del polemista.
A Hannah Arendt, prima studiosa del totalitarismo, 1949, lo storico rimprovera poca o scarsa conoscenza storica, facendola comunque autrice di un “negazionismo parziale”, o di “riduzionismo”. Per aver detto non totalitaria, per es., la Russia di Lenin. Ma Lenin non morì nel pieno della sua stessa Nuova Politica Economica? Fu letto il suo monumentale “Le origini del totalitarismo” come un’opera da guerra fredda, che salvava le destre europee (tolto il nazismo, of course) per schierarle contro l’Urss di Stalin, solo perché Einaudi (allora filosovietica) non lo tradusse? Ma nessun altro editore “di destra” lo fece – “Le origini” fu tradotto, tardi, da Adriano Olivetti (edizioni di Coumunità, su iniziativa probabilmente di Franco Ferrarotti), per amore di verità, come altri “classici” trascurati della sociologia politica, Max Weber etc. Sempre Arendt è anche colpevole di avere detto il fascismo totalitario ma modernizzante, sempre ne “Le origini”, senza avere studiato, o non averne tenuto conto, la vasta bigliografia in argomento successiva alla pubblicazione del suo lavoro. Cioè, del lavoro di Gentile nel 2011?
Molte le assenze, che sarebbero venute utili proprio oggi, della modernità totalitaria, Adorno, Orwell. Nonché, volendo restare tra gli storici, dei primissimi storici delle “cause” del fascismo, Salvemini, Salvatorelli, Nolte – per non dire i primi “sociologi applicati”, per così dire, cioè politici, come Tasca, Gramsci, lo stesso Amendola.
Il libello esce pure in contemporanea con un fascicolo della “Storia del fascismo” dello stesso Gentile che l’editore può intitolare “Regime a conflitti”, tali e tante erano anche negli “anni del consenso” le divergenze con la chiesa, con le forze armate, tra i gruppi e le tendenze fasciste. E poi, la modernizzazione non viene legata al fascismo da mostre, studi, pubblicazioni varie, via futurismo e altre vie, costruttivista, monumentalista, revivalista (“postmoderna”), dalla pubblicistica di varia specializzazione già dagli anni 1970, nella grafica, il design, l’urbanistica, l’architettura, e perfino l’arredamento, la moda, i tessuti, i materiali?
Da non storici si può osservare che il totalitarismo è una forma politica tra tante. Forse moderna ma non necessariamente – erano totalitari perfino i principati italiani, tanto allegri ma pieni di spie, ostracismi, confische. E forzatamente dialettica: è inevitabile che susciti divergenze anche radicali, non solo le barzellette. Una vera dottrina del totalitarismo dovrebbe tenerne conto: è moderno perché deve essere flessibile, perché più dura è la regola, più forte è l’eccezione. C’è più totalitario degli ayatollah in Iran, che s’introducono anche in camera da letto? Tanto amati, e non li sopporta più nessuno, eccetto i “timorati d Dio” – ma questi sono un’altra categoria di umanità.
Emilio Gentile, Totalitarismo 100, Salerno, pp. 160 € 18

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