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lunedì 28 febbraio 2011

Gelmini liberalizza statalizzando

Università ferme da tre anni ormai, centri di ricerca da due, e non si sa ancora per quanto. Non si possono fare pagamenti, e nemmeno appalti, nemmeno per la cartoleria, meno che meno per gli strumenti scientifici, non si possono ricostituire gli organici, soprattutto degli insegnanti, non si possono nemmeno spostare: la paralisi. Cioè, se questi organismi fossero un’impresa, la morte. Scuole, università e centri di ricerca sopravvivono come tutto in Italia nella burocrazia, perché nulla muore. Ma sono bloccate nel none dell’ennesima riforma liberalizzante, al termine della quale, semmai terminerà, sarà liberalizzato un enorme cadavere. Con un intervento incredibilmente illiberale, di statalismo accentratore e perverso, perfino persecutorio.
Tutto si è fermato in attesa della nuova legge per l’università, e di nuovi obbligatori statuti per gli enti di ricerca. Ora in attesa dei regolamenti. Questo per la seconda volta in dieci anni, un’analoga paralisi era stata voluta da Letizia Moratti. All’insegna dell’autonomia, dell’iniziativa e della responsabilità di ogni centro accademico o di ricerca. Che il ministro però può bloccare insindacabile, e ha bloccato, Due volte in dieci anni. Lo stop and go, cioè l’incertezza, aggiungendo al taglio drastico della risorse, e alla cosiddetta esigenza del cambiamento. Di una “impresa” da un milione e mezzo di addetti.
Volendo trovarci una logica, si dovrebbe dire che Gelmini e Moratti sono furbastre, che mettono la museruola all’università e alla ricerca facendosi forti delle parole d’ordine che loro stesse hanno imposto, e l’università e la ricerca supinamente hanno recepito: l’autonomia cioè, e l’iniziativa. Per arrivare alle quale le ministre hanno dovuto bloccare tutto… Può invece darsi che sia solo, una volta di più, la perversione della burocrazia ad imporsi. Ma allora a ministre incapaci, oltre che incompetenti.
Perché poi tutto si inquadra nella “logica”, che non è logica, del taglio della spesa. Voluta dal Ministro Unico dei governi Berlusconi, a cui le due lombarde diligenti si sono piegate. La gestione ragionieristica della spesa pubblica, nella quale si è specializzato Tremonti, senza mai nemmeno provare il necessario colpo d’ala per tagliare il nodo scorsoio del debito: spostando poste e termini di pagamento.

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