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mercoledì 2 marzo 2011

Evola e la “scienza del mito” nordico

È una raccolta di articoli sparsi, preceduta da un capitolo della “Rivolta contro il mondo moderno”, sull’origine nordica della civiltà indoeuropea. Quanto di più perento nell’innegabile fascino del tradizionalista. “Una” civiltà indoeuropea, per di più “nordica”, anzi iperborea, grazie all’apollineo iperboreo greco che forse arrivava fino al massiccio del Rodope, e spesso polare. Che assicuri “la calma superiorità dell’anima aria”. Di concezione non ardua, il mito, dice il curatore, essendo adattabile: “Uno dei maggiori pregi dei simboli è che essi possono venire letti in molti modi”. Ma la più inverosimile, radicalmente inventata, costruzione della tradizione. E possente, minacciosa: nazionalista, imperialista. Per due secoli prima del nazismo, e anche dopo. Per fare della Germania, in mancanza del controllo dei mari, il centro dell’universo. Dell’universo buono, il “tipo divino luminoso” delle “elites dominatrici e regali”, di contro al “tipo oscuro non-divino”, o “razze inferiori legate al demonismo tellurico e miste con la natura animale”.
Alla pagina 22 della raccolta c’è tutto l’indigeribile, perfino ridicolo, “arianesimo”, o “indoeuropeismo” – da intendersi (Lombardo) quale “scienza delle origini della e delle civiltà di origine nordica”. C’è anche il razzismo. Che in Evola è totalizzante: spirituale, culturale e biologico (del sangue). È più cioè e non meno del razzismo biologico di Hitler, anche se meno artificioso. E c’è una tradizione che la dipendenza nordica non saprebbe non inficiare: “La perdita della residenza polare” è “la prima alterazione, la prima scissione antitradizionale” (p.24). Si parte dall’evidenza: “Tutti i popoli conservano più o meno il ricordo di una catastrofe, che chiuse il ciclo di una precedente umanità”. E la si torce, dapprima a Occidente: “È, in via generale, la fine della terra atlantica, come secondo il racconto di Platone e di Diodoro”. Poi si torce a Nord: l’Occidente riproduce e continua “la «funzione» polare più antica”.
C’è Fabre d’Olivet all’origine della deriva, opina Lombardo, un esoterista pitagorico che attraversò indenne la rivoluzione francese. Ma soprattutto c’è l’università di Gottinga, un progetto politico. E una storia non onorevole. Una sintesi è nel romanzo storico di Astolfo “La gioia del giorno”, e nel seguito, di prossima pubblica, “Vorrei andarmene ma non posso”:
“La scienza forniva l’università Georgia Augusta, nel 1734 fondata da Giorgio II, Elettore di Hannover e Re d’Inghilterra, per fare la classifica delle razze, primi i sassoni, i popoli del re. Contro di essa si batterà a vuoto il conte Gobineau, “geologo morale” di una “geografia umana profondamente varia”. Anticipatore del darwinismo, che è misgenetista e non esclusivo, selettivo ma non gerarchico - è descrittivo. Prendendo infine atto che “l’etnologia ha bisogno di sfogarsi prima di divenire seria”. Il conte, democratico e anzi progressista, ambiva alla storia del particola-re, “in quei giorni d’infantile passione per l’uguaglianza” - mai appassionata abbastanza e purtroppo sempre infantile, anche presso i detrattori.
“Un secolo dopo Gottinga Luigi I di Baviera, avendo riempito i palazzi di campagne romane, pose entusiasta la Grecia sotto la sua coro-na. Insensibile alle delizie turche e all’orgoglio greco, suo figlio Ottone, con corteo di pingui ministri baiuvarici, indossò il gonnellino degli evzones, Atene mutando in “sobborgo di Monaco”, con vaste birrerie, sale soffocanti di boiseries, e terze copie della loggia dei Lanzi. Mentre alla Georgia Augusta Karl Ottfried Müller inventava la storia antica, l’inevitabile sancendo dai Prolegomena: “Pelasgi, dori e achei, al pari dei goti, sassoni e franchi, costituirono a lungo una nazione per via della loro natu-ra fisica e spirituale”. Si può riderne? K.O.Müller resta colui che “gettò la base incrollabile per la ricostruzione della storia antica” per Wilamowitz-Moellendorf indiscusso. E non è molto che Dumézil, francese, allievo di Mauss, ha coronato con Marc Bloch, ebreo e francese, il sogno dei tedeschi di mutarsi in dei, dai beserkir d’Islanda sbollentati alle SA, e guerrieri, atleti tarzaniani con mustacchi, i poignets d’amour stirati ai manubri….
“Rinata con la sconfitta del ‘18 a centro meritorio della fisica, con la meccanica quantististica di Heisenberg, Pauli, von Neumann, Oppenheimer e Born, Gottinga è stata nel Sette e Ottocento la culla della storia antica eretta a scienza grazie all’invenzione della filologia. Con gli “ariani” e la Grecia fu tedesca pure Roma, con tutta la letteratura romanza, e la storia, la chimica e la stessa filosofia, il Giordano Bruno italiano incluso, riportato in vita quattro volte nel solo Ottocento, da Adolf Wagner, Lagarde, Lasson, Kühlenbeck – dopo essere stato salvato ai posteri dai re di Francia e d’Inghilterra. Nel 1770 Blumenthal aveva prodotto la prima graduatoria delle razze, inventando il caucasico. Winckemann imporrà la Grecia delle statue dilavate e patinate quale ideale di bellezza. Tra il 1820 e il 1840 sarà poi Karl Otfried Müller, il filologo di Gottinga, a dare significato culturale e politico alla storia “antica moderna”, con la scoperta dei dori. Era la filologia dei primati”.
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“L’“arianesimo” nasce coi mugnai. Un altro Müller, il professor Max, propose di chiamare “ariane” le lingue indogermaniche – i Müller chiaramente non sanno che in italiano aria sta per vuoto, aria fritta. Figlio di Wilhelm, il poeta della Bella mugnaia di Schubert, lo stesso che, avendo visitato Roma, ne aveva ricavato l’entusiasta “Roma, Romani e Romane”, fu giovane professore di sanscrito a Oxford nel 1854, dove fondò la scienza delle religioni con cinquanta volumi di culti comparati. Un tedesco a Oxford oggi non sarebbe possibile, allora purtroppo sì.
““Biondo come Hitler, atletico come Goering, alto come Goebbels” era l’“ariano” delle facezie tedesche sotto il nazismo. Il caucasico è deludente, se è quello cespuglioso dell’atlante a scuola, scimmiesco. Ma così è: questo Occidente “ariano” viene dall’Oriente. Anche se l’Oriente non lo sa. E neppure l’Occidente, l’ha scordato. Un po’ di Oriente avrebbe fatto bene agli odinanti, da Hitler a Wagner. Secondo predicava Ottoman Zar-Adusht Hanish, in voga negli anni di Hitler con la setta Masdasnan, sicuro “ariano” per essere persiano dell’altopiano, il quale basava la supremazia della razza sul controllo di sé, la conoscenza interiore, il respiro ritmato, l’alimentazione vegetariana, il ricettario dell’Oriente.
“La culla della razza “ariana” sarebbe Balkh, tra i monti e i deserti dell’Afghanistan, la Battra di Alessandro Magno, città che oggi più non esiste, capitale della Battriana - l’Afghanistan odierno è un posto dove tutti gli eserciti si sono perduti, da qui il romanzo di Alessandro, a lungo un genere letterario a sé, che ne sarebbe tornato pazzo. A Balkh nacque Zoroastro-Zarathustra. Ma in tempi moderni la vicenda origina nel Bengala. Il Bengala era stato colo-nia olandese, fino a che gli inglesi non crearono Calcutta nel 1686. Un secolo dopo, nel 1786, il giudice supremo del Bengala sir William Jones, un poeta, lesse alla Royal Asiatic Society di Calcutta il primo parallelo tra il sanscrito, il latino e il greco, che conosceva, escludendo l’ebraico che non conosceva, e nacque l’“arianesimo”. Bengala venendo da Banga, antica popolazione “ariana”, presto il Nord dell’India, che impressionava gli indiani e gli inglesi con le sue montagne, e darà i natali a Orwell, divenne il polo Nord, il circolo polare artico, la Scandinavia, la Urgermanità. Calcutta, già Bertoldino diceva del nome ch’è “un paese dove tutte le donne sono femine”. Costituivano la Royal Asiatic Society i funzionari dell’impero e le loro mogli, che si dovevano spedire “a pacchi”, dirà Balzac, giacché nel Bengala le donne erano “più vecchie a quindici anni di una parigina a cinquanta”, persone tutte cagionevoli all’umidità dei luoghi. Uno dei funzionari, il medico Thomas Young, troverà l’attributo in-doeuropeo. La parola mescola geografia e cultura, e lascia fuori metà del mondo nel quale la sua trama s’intesseva: Sumer, Accad, Babilonia, Ur, da dove viene Abramo, gli etruschi e i fenici, da cui i greci ebbero l’alfabeto. Ma piacque, dava l’idea della purezza bianca anche nella lingua.
“Il bianco biondo fu contestato. Schopenhauer, arianista vero, sapeva che “l’uomo ha per natura pelle nera o bruna, come i nostri antenati hindu”, giungendo alla nota formula che “non c’è alcuna razza bianca, per quanto se ne parli, ogni uomo bianco è uno impallidito”. E chissà che avrebbero pensato gli odinanti se avessero saputo che la limpieza de sangre origina in Spagna – l’ordinanza del sangue puro, nel 1593 estesa ai gesuiti. Ma è arduo ricostruire la storia. Il Müller sanscritista, procla-mando che “uno stesso sangue scorre nelle vene dei soldati inglesi e dei bengalesi”, susciterà riserve: madre India poneva a Londra diversi problemi, non ultimo il fatto che nel Bengala molti “ariani” sono neri. E tuttavia la scuola di Gottinga è stata fertile al Nord, la superiorità è pregiudizio durevole, il destino è spesso, Kant ha ragione, una buona coscienza. Almeno fino a Dien Bien Phu, l’inizio della fine dell’Europa.
“Il 4 agosto 1914 un giudice a San Francisco, dovendo statuire sulla richiesta di cittadinanza di un indù, dopo attenta ponderazione deci-se che gli indù di casta elevata erano liberi e bianchi, essendo “ariani”. Era quella la seconda richiesta indù di cittadinanza Usa, la prima era stata rigettata per essere il richiedente non di casta elevata. Due settimane do-po il governo britannico del Canada respinse ottomila indiani che a bordo del “Kamagatamaru” tentavano di sbarcare per essere sudditi dello stesso impero: non erano di casta elevata. Solo i migliori erano “ariani” anche nell’impero britannico, benché tutti gli indiani abbiano difeso la libertà britannica nelle due guerre europee…
“È anche vero che il modello “ariano” non nasce nell’Ottocento. Quasi tutti i suoi argomenti si ritrovano nel Contra Galileos di Giuliano l’Apostata, che volle riaffermare, ancorché senza possibilità di successo, radici comuni a Oriente e Occidente, contro la riduzione della storia che la nuova religione effettuava. Il nipote di Costantino vi difende l’elleni-smo e il giudaismo contro i cristiani, due volte apostati.
“Fu un altro inglese, Chamberlain, a dare l’“arianesimo” ai tedeschi, che del suo La genesi del XIX secolo, 1.500 pagine, comprarono centinaia di migliaia di copie. I Wagner se lo sposarono, il kaiser ricostituì sul suo li-bro la propria anima e il governo. Nel contempo si diffondeva in Inghilterra la teutomania del dottor Arnold, etnologo, detto l’“odiatore dei celti”, che vedeva teutoni ovunque, a partire dall’India. Ci vuole determinazione per dare purezza alla razza in Europa, che è un trivio, o negli Usa. Ma è in Francia che l“arianesimo”, come ogni altra dottrina, fu perfezionata. Da Paul de Lagarde, il quale scelse di essere tedesco malgrado le a-scendenze lorenesi, voleva Parigi rasa al suolo, e ungheresi, turchi, lap-poni e celti perire, in omaggio alla religione dell’avvenire. Fine Ottocento pullula di religioni dell’avvenire: in questa chiave si sostenne pure che il marxismo è opera dell’“ariano” Engels, cui il semita Marx l’ha rubato.
“Lagarde fu amato da molti Thomas: Carlyle, Masaryk e Mann, il quale lo nominò Praeceptor Germaniae. Il genio di Gesù, sosteneva, fu di “non voler essere ebreo”. Lagarde lo sostenne nell’ambito dell’“ariani-tà” di Gesù, dolicocefalo biondo, mentre Chamberlain lo faceva “ariano” ad onore. Vacher de Lapouge annesse ai dolicocefali biondi Dante e Napoleone. Fino a Drumont l’“arianesimo” fu francese. In Germania ebbe un solo avvocato prima di Hitler, Arthur Trebisch, che era ebreo. Arnaud de Quatrefages, padre dell’antropologia francese, disse peraltro i tedeschi “ariani” a metà, i prussiani essendo slavo-finnici, o finnici, popolazione che il professore non stimava in quanto ramo inferiore della razza bianca. L’ipotesi il dotto politico e scienziato teutone Rudolf Virkow empiricamente verificò nelle scuole tedesche, svizzere, austriache e belghe. La ri-cerca durò dieci anni e coinvolse quindici milioni di ragazzi, di cui si mi-surò il cranio e si rilevò il colore degli occhi e dei capelli. L’idea iniziale era di misurare i soldati, ma i generali non vollero. Coronò lo studio la scoperta che pure i finnici sono biondi, benché non dolicocefali, verificata personalmente da Virchow, il quale a tale scopo si recò in Finlandia.
“Il Nord fu così pacificato. Carlo Cattaneo già nel 1840 rilevava arguto che “le magiche peregrinazioni degli Ariani” fondavano “l’eccellenza e la nobiltà del Settentrione”. Ne restarono fuori l’Italia, la Spagna e la Russia, di cui a tratti si negò che fosse abitata da slavi. Marx voleva i russi ricacciati “al di là del Dniepr”, in quanto mongoli e quindi non indogermanici: i russi, diceva, “non sono slavi”. Mentre gli spagnoli e i portoghesi furono, per un periodo non breve, tedeschi, dovendosi esportare l’indoarianesimo in America Latina e nelle Filippine. Nel 1865 l’Anthropological Review di Londra scoprì “una famiglia spagnola bion-da e puramente gotica” nello Yucatàn. Ma durò poco, l’“arianesimo” è religione del Nord per il Nord, Germania compresa.
“Ora è diverso, il Nord è anche aspirazione del Sud: il mito del Nord trionfa quale proiezione dei desideri del Sud, della forza applicata all’industria, dell’applicazione, del senso civico e della giustizia, cui la fortuna si piega. C’è un desiderio di modelli, e forse di padroni: nessun dubbio anzi, ma non si può dire, la servitù volontaria vuol’essere disfattista. A un certo punto Giuseppe Sergi, fine folklorista, scoprì che gli euro-pei in blocco vengono dall’Abissinia. Giunti in Europa, presero due direzioni, il Nord baltico e il Sud mediterraneo. Quelli del Sud, dice Sergi, “per parecchio tempo dovemmo difenderci dai barbari ariani”. Sembrava una conciliazione e invece manteneva, seppure sottile, la distinzione. Il suo discepolo Luigi Pigorini, cui la città di Roma intitola il museo delle tradizioni popolari, pur ribadendo l’unitarietà ancestrale in Abissinia, ri-conoscerà senza esitazioni la civiltà al Nord, tra i baltici “ariani”.
“Ora, contro la cimmeria presunzione, Bausani scopre, da puntiglioso esame comparatistico, che lo zoroastrismo ha fornito materia alle escatologie di tutte le religioni e i miti dell’area, l’islam, il tardo ebraismo, le saghe scandinave in larga parte, per misteriose vie, nonché il medioevo cristiano. E non si sa che pensare, lo studioso è uomo pio. Ma non si può dispiacere la buona coscienza del Nord, o l’ordine del mondo. Il Nord vagina nationum, con i suoi inmania corpora, che per farsi aria ten-gono i vicini a distanza, tra popolazioni che si vogliono pure - se Germania è traduzione latina dell’etnonimo germanico Sciri, i puri, non misti - e altre di Bastarni, popoli che invece si mescolano, da cui bastardi. Che non è una piega della storia,“sacrifici asinini” agli iperborei, secondo Callimaco, o Pindaro, profondevano già i greci”.
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“(Ultimamente) Savitri Devi ha trovato radici polari alla razza “ariana” indogermanica: ne mette un piede fuori, aspettando che diventi un ufo - ma prima o dopo il ritorno in gloria di Hitler-Krishna, avatar de Il lampo e il sole? ….L’autrice della più fiera difesa della natura è Impeachment of Man, Savitri Devi la dea Savitri, risuscitarice dei mor-ti, la gentildonna italo-greca che si ribattezzò nell’Indo e operò per il Du-ce del Bengala, Subhas Chandra Bose, il quale morì fuggendo in aereo dal Giappone sconfitto verso Mosca, dopo che insieme avevano concorso all’invasione nipponica di Burma, esca all’invasione della stessa India, e infiamma revanscisti, revivalisti, indigenisti, malthusiani, sciamani, druidi….
“Sono generosi, gli “ariani”, bisogna riconoscerlo, e avventurosi. Biondi e bianchi quali si vogliono, è possibile che vengano dal Polo, perché no, colore dell’acqua, l’“unità aria”, che si condensa in acqua celestina boreale, è origine per nulla banale, che meglio anzi magnifica per contrasto i bollenti beserkir. E tuttavia modesti si apparentano agli scuri indiani, molli anche per la troppa acqua, di terra e di cielo, ai minuti iraniani dell’altopiano, e ai pastori afghani, pelosi. Forzando pure la storia. La venerabile Storia Antica di Cambridge non si raccapezza, non avendo trovato in nessun posto in nessuna epoca “una popolazione indoeuropea distinta dalle altre e omogenea”. Mentre a Firenze il professor Scardigli è perplesso, perché “nella zona di Heidelberga” si segnalano idronimi non indoeuropei: alba, alma, alsa, ara, arga, arva, aura, ausa. “Perché gli indi e i persiani parlano macedone?”, si scriveva Seneca nella Consolazione a Elvia, e si rispondeva: “Perché Alessandro Magno e il suo seguito aveva-no diffuso la lingua della patria lontana” - il moto era qui retrogrado, da Occidente a Oriente. Ma il sacrificio degli “ariani” è evidente. A meno di
“Evola si volle “ariano mediterraneo”, contro l’“ariano nordico”, ma inciampò nella “categoria superiore” del “romano nordico” rispetto al “romano-mediterraneo”, manna per i gerarchi che lo odiavano, non po-tendo non essere egli stesso che un romano-mediterraneo. Il razzismo, è evidente, è violento odio di sé…
“A un certo punto i nazisti, stufi degli “ariani”, s’immaginarono di venire dal Tibet, per via della svastica – o tentarono anche in questo di imitare gli ebrei, che, avendo tante tribù disperse, si ritrovano ovunque. Nel Tibet l’Ahnenerbe fotografò duemila persone e ne misurò quattrocento. Furono promossi studi anche in Giappone, per provarne le ori-gini tedesche. Haushofer padre rianimò l’Ultima Thule, il gruppo esoterico di Sebottendorf e Rudolf Hess, l’uomo che Hitler considerava suo secondo, si suppone per la sua nullità, con la quale scoprì Schamballah, una immensa caverna sotto l’Himalaya dove si modellava l’“uomo nuovo”. Himmler teneva riunioni esoteriche nel castello di Wewelsbug a Paderborn, l’accampamento di Carlo Magno, Jünger vi ha partecipato: inviarono Ernst Schäffer a cercare il Graal a Montségur, vicino Lourdes, e dal Dalai Lama. Il nazionalrivoluzionario Herbert Blank, arrestato con gli strasseriani nel ‘37, ebbe la vita salva nel lager, e anzi vi fece un figlio con la moglie, perché Himmler lo volle archivista, per cercare carte dei processi di stregoneria che servissero, con la storia dell’Inquisizione, alla campagna finale contro i religiosi – gli hitleriani facevano tutto “finale”.
E non era la Thuringia Doringia, il paese dei dori? Il paese delle sorelle Müntzenberg e Buber-Neumann, dei Bach, di Thomas Müntzer. L’Ahnenerbe, l’istituto degli avi, arruolò duecento scienziati, per cercare, in missione spesata con amante, gli “ariani” nel mondo. Prima che nel Tibet l’archeologo Altheim li aveva trovati in Val Camonica, in compagnia della fotografa Erika Trautmann, donna che dava grandi soddisfazioni ai gerarchi nazisti. Concludendone che l’antica Roma era “ariana”, anche se ciò sconfessava Arminio. La coppia Altheim-Trautmann ripetè la vacanza in Siria, Iraq e Romania. Qui, trovandosi sul Mar Nero, pro-pose di ripopolare di “ariani” la Crimea, ripulendola degli ebrei. Hitler vi destinò i tirolesi di Bolzano che avevano optato per la Germania nel ‘39, “i goti sopravvissuti alle glaciazioni”. Altri invece, nell’ottica di elevarsi in altezza come in Tibet, scoprirono gli “ariani” in Bolivia…. Lo studioso delle rune Guido List, cui si deve la prova a fine ‘800 che Vienna è la città santa dei tedeschi, si spinse a scoprirne l’antica lingua, che chiamò kala, le cui parole sapienziali però risultarono le stesse della Cabala…”.
Julius Evola, Il «mistero iperboreo». Scritti sugli Indoeuropei, a cura di Alberto Lombardo, Quaderni di studi evoliani, pp.95, € 10

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