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lunedì 9 giugno 2014

Il fallimento del regime plebiscitario

Il sindaco eletto dal popolo sarà stato il più grande fallimento della Seconda  Repubblica. La favola della persona migliore comunque del partito. Per l’indigenza della scienza politica made in Italy.  Ma anche per un sentito molto diffuso, artatamente, dai media con decenni di bombardamento. Ieri, con l’eccezion della dalemanissima Bari (il sindaco uscente si chiama Emiliano ma s’intende D’Alema, provvido patrono), i sindaci uscenti sono stati bocciati nelle città – a Bari peraltro hanno votato solo in quattro (quattro su dieci aventi diritto).  Livorno e Perugia conoscono l’onta del cambiamento dopo 68 anni ininterrotti di amministrazione rossa.
L’amministrazione è quello che più manca a questi sindaci eletti dal popolo. Tutti presi unicamente da se stessi, dalla personale immagine. Il Comune considerando un piedistallo di visibilità per ulteriori fortune (Rutelli, Veltroni, Alemanno, Renzi), o comunque per la riconferma. L’amministrazione riducendo al taglio o alla dequalificazione dei servizi: nettezza urbana, trasporto pubblico, scuola, sanità, assistenza, senzatetto. Con aumenti senza limiti e senza controlli di ticket, tasse, tariffe (i ticket peraltro dichiarano non deducibili, vere e proprie tasse). A nessun altro fine se non la carriera dell’eletto del popolo.
La Confederazione degli artigiani, Cna, colloca oggi al vertice della pressione fiscale sulle imprese tre città, Roma, Reggio Calabria e Napoli, in cui nessun servizio è offerto alle imprese: con tasse e tariffe locali riescono a portare il prelievo oltre il 74 per cento del reddito. Le altre due città che portano il prelievo complessivo oltre 74 per cento (con le altre si scende sotto il 69 per cento) sono Bologna e Firenze, in accentuato declino produttivo. E anche, a ben guardare, malgrado la propaganda, nella qualità dei servizi.
Non è senza motivo che le città sono tombe delle ambizioni politiche. Di Marino oggi a Roma, come già di Alemanno, Veltroni e Rutelli. Renzi non ribalta la prospettiva: non è cresciuto come sindaco di Firenze - la città con lui anzi ha sofferto, anche molto - ma per la capacità di occupare e rinvigorire un’area politica stagnante, grigia e forse anche morta. 

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