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mercoledì 11 giugno 2014

Roma erotica mezzatinta

Una memoria d’autore inventato, musicista, scrittore, pittore, qui incisore, che Guignard predilige, in mezzo a tanti artisti veri e noti. Mezzatinta, come la tecnica d’incisione che il protagonista, Meaume le Romain, avrebbe inventato, o maniera nera. A Toulouse, Bruges, Roma, Anversa, Londra, in luoghi sempre storici. A Roma, dove ha terrazza sull’Aventino, s’illustra per le incisioni erotiche. Di cui è maestro perché vive il corpo, l’erotismo, come il solo fatto reale. Ma come una ricerca insaziata. Dopo la storia della sua vita a vent’anni, tutta corporale, con la bellissima di Bruges, il cui fidanzato l’ha sfregiato all’acido. Fino a che non morirà per caso per mano del loro bellissimo figlio, l’uno sconosciuto all’altro.
Una favola. Senza morale. Della vita che non va dalla vita alla morte ma dall’amore all’amore. A tinte rapide, suggestive più che descrittive: “niente colore, nient’altro che sfumature”, la divisa del simbolismo è quella di Guignard. Al modo di un trattamentone cinematografico, una successione di quadri, con cui Guignard s’illustrerà al cinema, a partire da “Tutte le mattine del mondo”, su Sainte-Colombe e Marin Marais, i virtuosi del violoncello. Sempre rigorosamente primo Seicento. Come i personaggi veri modello di Meaume: il tenente-colonnello Louis de Siegen, inventore della maniera nera o mezzatinta, e Callot, l’incisore celebre.
Meaume è il nome del biografo, anche lui primo Seicento, di Callot. Che fuggì di casa a Nancy nel 1605 per raggiungere Roma, suggestionato dai racconti fiabeschi del pittore incisore Bellange. Con una troupe di attori-girovaghi fino a Firenze, poi da solo fino a Roma. Dove fu riconosciuto da alcuni mercati suoi concittadini e riportato a casa. Aveva dodici anni. Fuggira di nuovo, e sarà ripreso non lontano da un fratello. Finché nel 1609, a sedici anni, può ripartire per Roma con l’accordo dei genitori. Vi impara molte arti. E poi ritorna in Lrena per una prospera attività che lo renderà famoso.
A Callot si deve “l’uso della vernice del liutaio che permette un lavoro (di bulino) più fine”, di cui Meaume va fiero. Ma il nome (non ricorre già in Yourcenar, un Meaume pure lui insabbiato  nella luce di Roma?) è anche il latino Momus, latinizzazione di una divinità minore della mitologia greca che personifica la maldicenza e la beffa. E per estensione il diavolo: così in “Antologia Palatina”, I, 103: Mòme miaifòne, Momo assassino, sanguinario - “Momo, dio del biasimo e della provocazione, oscilla tra la più turpe cortigianeria e la più clamorosa eversione”, Sanguineti.
Un omaggio all’amore, all’arte come passione di vita, e a Roma. Che non  ha trovato in quindici anni editore in italiano – in inglese e in spagnolo sì.
Pascal Guignard, Terrasse à Rome, Folio, pp. 128 € 5

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