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lunedì 26 ottobre 2015

De profundis polacco per l’Europa

La Polonia che vota contro l’Ue è il paese che meglio ha beneficiato, probabilmente, della sua adesione all’Unione. Punta contro la Ue con un voto massiccio, partecipato, non di protesta. Ed è la Polonia che, rinfrancata dal mancato revanscismo tedesco nella Slesia e nella Galizia, punta tutte le sue paure sulla Russia. E anche un po’ di revanscismo, oltre le paure e il consueto gioco di bascula, per il Krecy che Stalin si annesse, ben 200 mila kmq. Nondimeno, benché cioè si senta esposta, dice no all’Europa. E dice no indirettamente, via Donald Tusk, alla Polonia “amerikana” – bocciando il partito di Tusk, che l’ha governata per otto anni dopo averla annessa alla Nato.
Ci sono costanti nella politica europea. Uno è il ritorno del nazionalismo, ricorrente da un paio di secoli, ora in Polonia dopo la Francia, che ha votato no alla Costituzione e ha un’opinione intellettuale antieuropea, e la Gran Bretagna. In aggiunta a quello balcanico sempre effervescente, dalla Croazia all’Ungheria e alla Romania.
La guerra e il sovietismo non hanno rigenerato probabilmente la Polonia di sempre, suscettibile e rissosa. Ma forse c’è di più, se ora si lancia all’avventura, pur dicendosi esposta all’orso russo. La Germania, verso cui adesso pendola, non ha denti, e forse nemmeno la rassicura, benché generosa sui confini e con gli immigrati – “l’idraulico polacco”.
È la crisi economica sta scompaginando assetti e logiche. E l’Europa per prima, che non ne è neppure cosciente. Solo perché la Germania da qualche anno ne è uscita?
goslave, la guerra alla Serbia, la Transnistria, la Georgia, l’Ucraina.
Sotto il vincolo della protezione nucleare – da qui la ri-creazione della minaccia russa – e di un inconcludente, suicida, impegno per la democrazia e la libertà, in assenza della comunità atlantica d’intenti. E anzi in conflitto d’interessi.

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