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lunedì 14 marzo 2016

La conversione in massa dei comunisti a democristiani

Non più di notte ma di giorno, e senza parole d’ordine né codici cifrati, senza neppure l’occhiolino,  come a un diapason connaturato, o come le greggi di bisonti, o gazzelle, o zebù che nella savana imbizzarriscono e si buttano al galoppo dietro un capo-colonna improvvisato senza sapere dove, anche al burrone, comunque sia, esaurite le similitudini, questo è quello che fa la “minoranza” Pd: si agita.
Si celia. Se Pd non stia per Pi Due, per esempio, stante il patrocinio di Verdini, Oppure per partito Democristiano, dato che lo governano loro. Ma non si scherza: si addolcisce la verità, ormai da tempo nota, dal tempo di Prodi e dell’Ulivo, quindi da vent’anni, e ora irreversibile: che i che i comunisti sono finiti democristiani. Alcuni recalcitranti, e sono quelli che fanno la fronda. Altri in massa, da Bersani in giù – fu molto democristiana la trattativa di Bersani con i Cinque Stelle, o la gestione Napolitano al Quirinale. Mentre i recalcitranti hanno meno di quarant’anni e dunque non si possono nemmeno dire comunisti, poiché non hanno avuto il tempo per esserlo: sono semplicemente politici con qualche idea, a disagio nel corpaccione del Pd.
È per questo che la fronda non morde. Anche quella uscita dal Pd: la base non la segue – non la riconosce. È per questo che Renzi la snobba: perché sa che non si portano dietro il voto ex Pci, che arrivò fino a un terzo dell’elettorato, ma era comunque uno zoccolo duro – il famoso zoccolo duro – di un quarto, un quinto, del voto. Quello Renzi ce l’ha con sé, a cominciare dai consiglieri comunali ovunque e le cooperative nelle quattro regioni ex rosse. Non ha il voto giovane - relativamente giovane, fino ai quarant’anni. Che costituisce probabilmente la massa degli astenuti – purtroppo bisogna andare a naso, l’analisi dei flussi dei voti è carente, non si va oltre il sondaggio a pelle. A cui cioè la fronda Pd non dice nulla.

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