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giovedì 10 agosto 2017

A Sud del Sud - il Sud visto da sotto (334)

Giuseppe Leuzzi

Si discute alla Camera il decreto per il Mezzogiorno, voluto da tutte le forze politiche, per “dare ulteriore impulso alle politiche di sviluppo”. Il ministro per il Mezzogiorno De Vincenti entra in aula, e la vede vuota: i deputati presenti sono quattro, di numero. Non a Ferragosto, il 31 luglio.

Valeria Genova, gentile giovane signora di Treviso che ha passato due anni a Napoli col marito pilota dell’Aeronautica Militare, ne riparte commossa, con grandi elogi in rete – “quando nel 2015 ho saputo che avrei dovuto seguire mio marito a Napoli mi sono messa a piangere”, non di gioia. Ha fatto la scoperta di Napoli, che esisteva prima di Treviso e di tutta l’Italia.

Pasquale Gagliostro, un collaboratore di giustizia per vari delitti, tornato a vivere al suo paese, Palmi, è stato assassinato. È il sesto o settimo delinquente pentito – che ha cioè denunciato i suoi complici – ucciso in Calabria. Tutti erano tornati a vivere al paese di origine, dove avevano compiuto i delitti. Si è fatta molta filosofia sui pentiti, e si dice che c’è un programma di protezione pentiti, ma sono solo i vecchi informatori, passati dalle brusche polizie ai seriosi giudici.

Gagliostro viveva in una casa già di sua proprietà, a suo tempo confiscata e assegnata al comune di Palmi. Da quando si era pentito, nel 1993, era stato arrestato più volte per delitti “minori”: furti, minacce, porto d’arma. Il pentimento serve solo per evitare il carcere.

La prolissità e la concisione
Linguaggi privati concisi, concisissimi, basta un cenno, una non risposta, un lieve movimento del capo, del ciglio, per fare un discorso. E un linguaggio politico, compreso il giornalismo, invariabilmente prolisso. Inerte, tanto quanto è sussiegoso. E bolso, cioè controproducente. Si leggano le cronache locali in Calabria e Sicilia, estive e anche autunnali o invernali, e un po’ pure in Puglia, si verrà sommersi da elenchi dettagliati di chi c’era – a partire in genere dal comandante dei Carabinieri (il vescovo da qualche tempo latita), seguito dal sindaco, vari assessori, il dottore, l’imprenditore, il mecenate. O assistere a un evento, anche culturale: qualsiasi recita, qualsiasi esecuzione musicale, qualsiasi mostra anche, per goderseli bisogna sorbettarsi lunghe, vuote, prolusioni, con elenchi del già fatto e del futuribile, e dei premi, secondi, terzi, quarti premi, vinti nella sezione terza, quarta, del concorso non si sa che di non si sa dove.
Non è l’autorevolezza. Se non in forma di equivoco – nessuno è autorevole in Calabria o in Sicilia, non si dà credito gratuito. È un abito soprammesso, a una comunicazione rapidissima. Quindi intimamente rifiutato. Può essere un difetto culturale, derivato da un insegnamento sbagliato. Ma anche in questo caso è un abito soprammesso, la burocrazia, dall’Italia - sia pure un’Italia ora perenta, il Sud per alcune cose muove in ritardo. 

Sudismi\sadismi
Il “Corriere dela sera” pubblica una pagina grafica sull’estate degli incendi in cui evidenzia con macchie di colore più dense gli incendi nel Sud continentale dell’Italia, da Caserta a Modica e Palermo, e tabellarmente elenca invece gli incendi più grandi e gravi in Portoglallo, Spagna, Bosnia. Croazia. Ammesso  che uno abbia voglia di leggersi le minuscole didascalie: l’informazione è nei colori. C’è molta superficialità nel giornalismo. Ma anche pesandola con la superficialità, la disonestà lascia ancora senza respiro, talmente è stupida: gli incendi sono “meridionali”, soprattutto quelli dolosi.
Quest’anno per prima è bruciata la Maremma. Con incendi, purtroppo, anche spettacolari, e evacuazioni di migliaia di persone, presso località di grande rinomanza, Castiglione della Pescaia, Roccammare eccetera. Ma gli incendi sono diventati notizia, con servizi sulle tv e grandi foto sui giornali, quando hanno divampato in Sicilia.

Sud e magia
Si potrebbe pensare la magia del Sud quella dei viaggiatori ammaliati e dei libri di viaggio, necessariamente emozionanti. E invece no, è di magia in senso proprio che si continua – 2017 – a parlare. Il Sud vive di superstizioni, malocchio, jettature. Come se questa “magia” fosse una specialità.
È di sicuro uno dei pendentif  dell’arretratezza: il Sud non solo è mafioso, e mangiatore a ufo, è anche superstizioso e sciocco. Ma proliferano anche le “ricerche” para-antropologiche su questa magia del Sud. Uno che vive al Sud ne può solo ridere, ma se ne fanno, si stampano e si discutono. A opera di meridionali.
È uno degli effetti Lega – il Sud è Africa, etc.. Ma, di più, è l’eredità  De Martino: il Sud è ancora nella trappola di Ernesto De Martino, che le sue paure e superstizioni collocò “al Sud”, come proprie del Sud. E in una prospettiva – non antropologica - di sviluppo: cioè come materia e segno di arretratezza. Compreso, sempre nello schema De Martino, un legame tra magia e cattolicesimo popolare.
Il curioso è che, da questo punto di vista, delle attaches religiose, se ne troverebbero molte di più oltralpe, tra i riformati. A partire da Lutero, che era ossessionato dal diavolo e le sue cattiverie, dal malocchio al maleficio. Ma come si fa credere alla sopravvivenza di riti magico-rituali nel Sud iperconsumista, a ritenerle veritiere e attive e non sopravvivenze, modi di dire? O allora sì, ma al modo dei milanesi.
Le tv sono piene di maghi e esorcisti, ma meno al Sud – in Calabria e in Puglia non ce ne sono. Per non dire degli altarini votivi che a Roma s’incontrano su ogni marciapiede, alcuni di devozione sterminata, a giudicare dalle iscrizioni interminabili p.g.r, per grazia ricevuta.  “Astra”, che si pubblica a Milano, è piena a metà di cartomanti, sensitivi, veggenti, prefissi 02, 06, 075 (Umbria), 080 (Bresciano), 051 (Bologna), 0575 (Arezzo), con corsie speciali, molteplici, per “gli amici della Svizzera”. E si sa che Torno è una capitale della stregoneria, dell’occultismo. L’ultimo processo per stregoneria si può dire quello tenuto a Milano – con condanna, è vero – a carico di Vanna Marchi, della figlia e dei conviventi, con i quali impoveri milioni di spettatori della Padania illudendoli col magnetismo dello sguardo – “a me gli occhi” – e della voce.
Il mondo è molto cambiato rispetto a duemila anni fa. Anche rispetto a mille anni fa. Anche al Sud.
Ma il Sud dice che no, tutte queste sciocchezze sono del Sud. Lo dicono i nativi, se lo raccontano cioè. E non si capisce perché – non interessa a nessuno, il Sud è già ampiamente squalificato. L’antropologia, anche raccogliticcia, come più spesso al Sud, al Nord non si occupa del Sud, che non ha misteri - ha interessi più seri. Un mistero resta il Sud per i nativi meridionali, da De Martino in giù.
Non tutti lo dicono, è vero., Ma poi ci credono, credono alla narrazione della magia del Sud. Capita magari, scorrendo le esercitazioni sulla magia del Sud di una gentile traduttrice dall’inglese, una che è stata anche a Londra, di leggere contemporaneamente un romanzo di Graham Greene su Londra sotto i bombardamenti che è centrato su una seduta spiritica, e dove si colloquia senza riserve di scaramanzie e cattivi presagi. A Londra però non fanno magia, al Sud sì.

Lo Stretto s’inverte
Reggio Calabria e Messina, benché divise dallo Stretto, sono da tempo considerate dai geografi una “conurbazione”: due città integrate. Con un ruolo subordinato di Reggio nei confronti di Messina. Che aveva l’università, i migliori specialisti e le migliori cure, i migliori negozi di abbigliamento, e perfino le migliori pasticcerie. Un porto migliore, a uso militare a civile, con un arsenale – cantiere navale militare. Più impieghi e più investimenti di Reggio. Una squadra in serie A, o almeno in serie B. E faceva i giornali (“il giornale”, la “Gazzetta del Sud”) per Reggio.
La conurbazione era più egualitaria in materia di religione e di svago: molti messinesi erano – e sono - devoti della Madonna di Polsi in Aspromonte. E andavano – e vanno – a raccogliere funghi e sciare in Aspromonte piuttosto che sull’Etna. Ma più estesa, e quasi ancillare, era la devozione di Palmi e Reggio per la Madonna della Lettera di Messina, e anche per la Madonna Nera di Tindari, per non dire di tutta la Piana di Gioia Tauro per Mata e Grifone, i "giganti" di Messina. Nel quadro di una subordinazione di Metauros (oggi grosso modo Gioia Tauro), che pure era colonia locrese, a Messina-Zancle.
Lo storico Galasso documenta, “La Calabria spagnola”, un traffico molto più intenso a Messina nel Cinquecento rispetto a Reggio. E nella stessa Reggio un buon terzo delle operazioni portuali in capo ad agenti e committenti messinesi. Oggi il traffico è invertito. Reggio ha centri commerciali, musei e rovine ben curate, ristoranti e ottime pasticcerie, e l’università. Una fiorente, mentre quella di Messina, una delle più antiche d’Italia, si è provincializzata. È anche un porto attivo, anche se solo per l’immigrazione irregolare, mentre Messina è un porto bello e vuoto, se non per imbarcazioni minime della Marina Militare  – le traghetto dalla Calabria utilizzano un attracco fuori città verso capo Faro, lontano dal porto, allo snodo con le autostrade per Catania e Palermo. In linea generale Messina ha preso il posto di Reggio, come luogo di passaggio. La geografia economica e sociale muta, può mutare – niente, in ipotesi, impedirebbe al Sud di diventare moderno e ricco.
Oggi i ruoli sono invertiti.

leuzzi@antiit.eu

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