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giovedì 10 agosto 2017

Dissolvenze in Sicilia

Come può il Pd affrontare un’elezione con Alfano, e viceversa? In Sicilia si può.
Sciascia direbbe che la Sicilia prefigura l’Italia. Ma alle prossime regionali prefigura una dissoluzione, un suicidio programmato. Succede anche al Signore di perdere quelli che ama, e quindi i democristiani, neo e paleo. E i siciliani non sono indenni dalle scemenze. L’unica logica in questo matrimonio è che Alfano è contento di aver avuto una parte da protagonista per un decennio, e gli piace finire ministro degli Esteri, alle politiche a marzo.
Ma sarà dura, in Sicilia, per via della legge elettorale. Vince la presidenza della Regione il candidato che ha più voti al primo turno. Quindi sarà il. candidato di Berlusconi, o quello di Grllo. Alleandosi con Alfano è come se il Pd rinunciasse alla corsa: non molti iscritti andranno a votare gli alfaniani, e meno ancora, benché pochi in tutto, saranno gl alfaniani che votano l’odiato (concorrente) Pd. Senza cotare i crocettiani, e i fuoriusciti del pd con D’Alema.
Il Pd potrebbe anche emergerne con una qualifica-squalifica: partito democristiano a tutti gli effetti, benché “di sinistra” - come le vecchie “sinistre” della Dc. Di più rischia Alfano, di cui però si comprende la logica: lo sbarramento in Sicilia è al 5 per cento. Alfano, che non ha tanti voti, preferisce due-tre posti sicuri in consiglio in lista col Pd.
Ma la gara sarà difficile. Anche perché alla prossima elezione i consiglieri si contrarrano ulteriormente, fino a 70, dai 90 che erano qualche anno fa. La lotta intestina per candidarsi nei vari partiti sarà ferocissima.  

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