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martedì 19 giugno 2018

Le sfumature dell’amore che non si dice

“Perché non desideriamo tutti, come inebriati da un eterno senso di avventura, «la bellezza della vita»?”. Un racconto vecchio e nuovo, di formazione e bohème – da quartieri alti. L’altro aspetto dell’amore, l’altra funzione: di turbamenti e trepidazioni, senza i furiosi assalti fisici che i romanzi impongono. Specialmente brutali nel filone gay, nel quale le infatuazioni che l’androgina Schwarzenbach racconta si collocano. È una rappresentazione, tra la provincia tedesca, Parigi, Berlino, Lugano, di adolescenze attardate, di amicizie febbrili, una rete di rapporti vaganti nelle varie sfumature oggi lgbt.
Un racconto seminale. Una serie multipla di esperienze gay. Formidabile per l’età dell’autrice, anche perché non repertoriate, senza precedenti. Solo allusi in molto decadentismo, da Huysmans a D’Annunzio, con O.Wilde e Th. Mann, e marginalizzati nel cachinno da Rachilde. Vissuti (ricreati)  da supporre di persona, per l’androginia che la distinse, felice prima della droga, e l’impazienza vorticosa di esperienze. Un libro cioè che dice anche probabilmente tutto, quello che importa, dell’autrice. Playful e non impegnata – non coltiverà mai un amore. Distaccata e non appassionata, forse il vulnus che la porterà alla deiezione di sé. E di un mondo, benché qui limitato a una bohème seletta, di musicisti, would-be, pittori, scultori, esteti alla Des Esseintes o alla Dorian Gray. Curiosamente trascurato, benché di Schwarzenbach si siano esplorati tutti i cassetti.
Ci sono pure i fratelli Mann, Klaus e Katia, qui Leon e Christina, nel loro rapporto esclusivo e nel patrocinio di Bernhard-Annemarie - e non sarà la Christina-Erika il riferimento della Christina-Annemarie di Elsa Mallart, La via crudeleIngombranti già all’epoca, e ineliminabili: “È innegabile che questi due individui (“Leon” e “Christina”, fratelli, n.d.r.) abbiano un talento e una bellezza straordinari; attraverso l'algida superiorità dei loro comportamenti e la loro malinconia sorda e intoccabile esercitano un potere e una forza d’attrazione del tutto fuori dall’ordinario”.
Una narrazione d’impeto forse più che un progetto, la prima della scrittrice svizzera - Annemarie Schwarzenbach lo scrisse ai vent’anni, lo pubblicò a ventitré. Ma, oltre che originale nell’impostazione della febbre erotica, denso di umori che sfoceranno in varie direzioni nella narrativa europea del secondo Novecento - e ancora di più, come pare, in questo primo Millennio.
Raccontata in prima e in terza persona, con improvvisi straniamenti, come poi si diranno con Brecht. Senza scansione in capitoli, un abbozzo di “flusso” orale – quale poi sarà sviluppato dal Bernhard narratore.
L’Orma recupera questo primo romanzo di Annemarie Schwarzenbach, 1931, a ventitrè anni, in una collana, Kreuzville, composizione o crasi di Kreuzberg e Belleville, delle Berlino e Parigi antagoniste o innovative, che molte radici mettono in germinazione del XXI secolo.

Annemarie Schwarzenbach, Gli amici di Bernhard, L’Orma, pp. 186 € 13


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