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sabato 23 giugno 2018

L'infelicità di essere giovani

Un apologo contro la droga (“La scuola e la droga sono due aspetti della vita che ho sempre odiato” è l’esergo) narrato da lei, Ifem. In forma di tenerezza amorosa inesausta, che finirà nella rinuncia – un’emigrazione all’inverso, verso il Congo sconosciuto. La madre incattivita, venuta dal Congo per diventare dottoressa e fallita negli studi, e il padre assente narrati da lui, Yannick, che purtroppo è finito nella droga. Nel mezzo l’essere italiani di due ragazzi africani. A Ravenna, col mare, case dignitose, e vicini affettuosi.
Due racconti, e una scrittura, edificanti: un breviario di saggezza. Le riflessioni sentenziose sarebbero il modo di conversare dei giovani oggi: “la malinconia è contagiosa”, “devo smettere di parlare come se tu fossi interessato ad ascoltarmi”, “a noi non è stato insegnato a essere neri, è stato insegnato a loro a chiamarci così”.  
Al quarto o quinto bestseller a 25 anni, Distefano troneggia fra gli autori giovani per giovani. Con più convinzione, sembra di capire dalla scrittura, dei creatori del genere, Moccia e Volo. Per la funzione pedagogica, delle buone intenzioni. Un esito formidabile, per una scuola rifiutata.
Ma due apologhi che vanno anche oltre il genere, nella condizione di due ragazzi italiani africani, che hanno un passato solo italiano. Specialmente interessante, per uno come Distefano, che, di genitori angolani, non è mai stato in Angola, né altrove in Africa (ma non può avere la cittadinanza italiana, proprio così!), la sintesi fulminante della condizione africana con cui apre il primo racconto: “Le corse di chi ha sperato per tutta la vita di arrivare in Europa quando la ricchezza l’aveva davanti agli occhi”. L’Angola è proprio così, un paese ricco tradito dai suoi liberatori: un paese oggi poverissimo che ha tutto per essere ricco, risorse naturali, clima, istruzione.
Antonio Dikele Distefano, Chi sta male non lo dice, I Miti, pp. 158 € 7,90

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