Cerca nel blog

venerdì 22 giugno 2018

Secondi pensieri - 350

zeulig


Cosmopolita - Si è cosmopoliti per aristocraticismo, al modo di Schopenhauer - che voleva fare il professore universitario, ma criticò il professor Hegel, barone dell’università, per restare dottore. O per antipatriottismo d’anticamera: si è cosmopoliti in quanto si è radicati e saldi, in se stessi, nel carattere, la lingua, la cultura o tradizione che sia – l’espressione è tradizione. Non si è cosmopoliti per emigrazione, non necessariamente: è una condizione da vivere (analizzare) e accettare: si è cosmopoliti con calma.

Erodoto - Essere Erodoto, immaginarsi (creare) il mondo. Non alla maniera dei romanzieri, ma raccontando la verità, la mostruosa compresa.

Identità – Frana sotto le politiche identitarie. L’identità individuale, o personale: si è dissolta o frantumata sotto la spinta identitaria, della politica identitaria montata nel Millennio nell’(ex?) Occidente. 
L’identità è ora di genere, di religione, linguistica, etnica, perfino regionale, anche se la regione è un’entità amministrativa. Mentre l’individuo è tutte queste cose messe assieme, e numerose altre. E non “una cosa” per sempre: ognuno è stato una cosa oggi e un’altra domani o ieri  - “Mi contraddico?” obietterebbe Walt Whitman, “Certo che mi contraddico”.
Le politiche dell’identità isolano, contro questo, contro quello. Si vogliono limitative, riduttive.
Poesia - Può essere che abbia ragione Zambrano, e il ruolo della poesia sia conteso dalla filosofia. E che il duello s’incarni in Platone, nato per la poesia, preso dalla dialettica, vinto dal mito. “Io”, dice Socrate a Fedro, “non ho ancora avuto il tempo di conoscere me stesso”. Come se fosse possibile, sia pure la conoscenza onnivora.
Ma la filosofia non inventa nulla, che Dürer mostra parata di cartigli, pendenti, filatteri per i “Libri dell’amore” di Celtis, grassa sninfia seduta soddisfatta. Si vive di poesia, inclusa quella scadente dei persuasori occulti, anche orientali. Parlandosi chiaro, Delfi barava. E sant’Agostino, secondo il quale imparare è ricordare, ma non c’è niente da imparare fuori: sì, c’è la verità eterna, dice, ma la conoscenza di sé è il primo indispensabile passo.
.
Possessione – È di tutte le culture e di tutte le religioni, il fenomeno dello sdoppiamento della personalità, o psicosi ossessiva. Negativa, per l’invasamento di spiriti del male: c’è nei Vangeli, e a tutte le altitudini, opera di spiriti maligni o irrequieti, di fantasmi, di animali (la licantropia, in Africa il uomini leopardo). E positiva, specie la possessione cultuale, di personaggi eminenti che diventano profeti, messia, incarnazioni divine: ovunque nei paesi storicamente arretrati, per insorgenze nativiste, o fondamentaliste, ma anche negli Stati Uniti, e in Maometto, Zoroastro, e nell’oracolo di Delfi, nel quale la Pizia o Pitonessa veniva “posseduta” da Apollo.  

Razzismo – È nel misconoscimento della diversità come nella sua affermazione radicale, negatoria dell’altro. Se ne trovano le tracce insidiose nella polemica in corso sul “buonismo”. Sul fatto che il buonismo è un business, benché questo sia un esito di una più generale politica dell’accoglienza: è un business collegato a una politica delittuosa, che l’accoglienza limita alla sopravvivenza, cibo e rifugio, di cui però fa un’attrattiva che è una trappola: il migrante così attratto resta prigioniero, solo buono per un mercato del lavoro schiavistico, in assenza o per la rarefazione di vere opportunità, di lavoro, studio, integrazione. Non si può allo stato degli atti, come qualche Procura della Repubblica vorrebbe,  collegare il “buonismo”, che ha così larga e entusiastica propaganda, col mercato del lavoro schiavistico, ma di fatto lo è – non è una novità che le buone intenzioni nascondano il male.

Roma - Roma è città di grandezza grandissima e di bellezza bellissima, Luciano direbbe. Ma nulla vi cambia mai. Si lucra oggi sul denaro pubblico negli stessi modi coi quali lucravano Crasso e i liberti. E si esercitano gli stessi inganni.

Selfie – Imparare è ricordare, sostiene sant’Agostino. Ma non c’è niente da imparare fuori. Sì, c’è la verità eterna, dice, la la conoscenza di sé è il primo indispensabile passo. E lui, avrà conosciuto il se stesso, magari confessandosi? Non si è se non si crede, a se stessi.

Superstizione – Non è innocua. “La fede nella jettatura rende jettatti”, Alfonso M. Di Nola, che ne analizzò la diffusione in Europa, lo spiega per una ragione semplice, la stessa indagata da Freud, delle tendenza autolesionistiche anche inconsce. La suggestione può ingenerare una predisposizione, e perfino la ricerca di situazioni negative. Ma non si liquida come “superstizione”: nell’anamnesi di tipo freudiano può agire anche in senso opposto, di consolidare delle difese, seppure contro nemici supposti.
In realtà tutto è possibile. Solo una ragione ristretta, di causa-effetto,  ha un solo sviluppo e un solo esito. Della superstizione non si può dire che sia una difesa, ha anche colpe, anche terribili. Ma non senza ragione.

Volontariato – Va con le buone intenzioni, ma non ne è garanzia – e viceversa: le buone intenzioni non garantiscono un buon volontariato, generoso, produttivo. Dà uno scopo ai belli-e-buoni e le anime candide, in aggiunta ai missionari. Ma non basta: i filantropi, irridirebbe Dickens, hanno bisogno di denunciare qualcuno. Ed è sconcio fare accademia dove si muore, più spesso in modo atroce. Senza voler guardare all’origine del male, là dove soltanto si può stroncarlo.
La verità è sempre quella dell’“Agente segreto” di Conrad: la stupidità delle buone intenzioni. O di san Paolo, che proprio ai romani spiegò che il peccato lo fa la legge: “Senza la legge il peccato è senza vita”. Non solo, ma “la legge che doveva portare alla vita finisce per condannare alla morte”. È la doppiezza che fa la grandezza dell’uomo di Borges. Lui l’associava all’infamia – lui o Paul de Man, che in Borges l’ha scovata, impegnato a cancellare il suo proprio antisemitismo – ma va anche con i buoni propositi, se pieni di sé.

zeulig@antiit.eu

Nessun commento: