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venerdì 8 febbraio 2019

Oscar Wilde contro i tacchi alti

Contro i tacchi alti che “una laureata” ha rivendicato sulla “Pall Mall Gazette”, che hanno “l’inevitabile effetto di proiettare il corpo in avanti, di accorciare il passo e di produrre quindi quella mancanza di grazia che si accompagna sempre alla mancanza di libertà”. Un Wilde minore – “wildeggia”, benché agli inizi – di testi trascurati nelle raccolte canoniche, articoli e conferenze, degli anni 1880, dal 1877 al 1889. Della nascita del personaggio Wilde – “Punch” già lo caricaturava come principe degli esteti, Gilbert e Sullivan ne avevano fatto personaggio da operetta, era conferenziere accreditato in America. Di un estetismo-decadentismo di programma, alla Walter Pater, qui con i suoi “Ritratti immaginari” (“trasmettere idee attraverso le immagini”), non temperato.
Venticinque elzeviri brevi. Con gli inevitabili snobismi. Elizabeth Barrett Browning è la prima poetessa al mondo, dopo Saffo. L’abbigliamento maschile ideale è quello del Seicento, “infinitamente superiore a qualsiasi abbigliamento successivo, e non credo superato da alcun tipo di abbigliamento precedente”. Whistler, il pittore, è deriso a più riprese non si capisce per quale motivo. Ma già con la grazia che poi sarà del semiologo – di Eco, del Barthes delle “Mitologie”. Sui modelli dei pittori. Sugli oggetti vestimentari che Whistler propone a modelli. Col culto di Keats, della bellezza che è verità, al cimitero romano degli Inglesi – un raro reportage su Roma all’Ostiense, con la Piramide Cestia e tutto. La verità subito notata dell’America, le città “inesprimibilmente noiose”, e la politica a Washington come “la vita politica di una sacrestia di provincia”, salvando giusto “il Far West con i grizzly e i cowboy selvaggi”. Con suggerimenti che gli stilisti trovano ancora utili, sull’abbigliamento femminile e su quello maschile.
Con applicazione anche, benché all’apparenza poco wildiana. Le pulci alla traduzione di Balzac, riscontrata sull’originale. Yeats subito scoperto. O Turgenev, Dostoevskij e Tolstòj perfetti, in comparazione, in poche righe, in una recensione, breve a “Umiliati e offesi”: “Spietato come artista” (“non spiega mai i suoi personaggi”, che “ci sorprendono sempre” e “sempre ci sfuggono”), “Dostoevskij uomo è ricco di umana pietà per tutti, per quanti fanno il male e per quanti ne sono vittime”.
Una celebrazione dell “importanza essenziale dell’elemento voluttuoso nell’arte”. Estenuato: “Il punto in cui noi della nuova scuola ci siamo allontanati dagli insegnamenti di Ruskin” – pur “maestro della conoscenza di ogni esistenza nobile e della saggezza di ogni cosa spirituale” – “in modo definitivo, e diverso e decisivo”.
Oscar Wilde, Autobiografia di un dandy, Casini, remainders, pp. 240, ril. € 5
Rusconi, pp. 220 € 12

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