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giovedì 26 marzo 2020

La peste pneumonica del dottor Céline, epidemiologo

C’è la “peste pneumonica” già nei primi anni 1920. L’epidemiologo dottor Bardamu futuro Céline, esperto di batteri, non ancora di virus, lo ha accertato. Insieme con un collega americano che ne muore. Ma la cosa non interessa a nessuno. È il filo, esile, che lega i cinque atti di questa commedia. Su cui una brillante prefazione all’edizione italiana prospetta il futuro Céline: sia lo scrittore gargantuesco che il furioso pamphlettista anticomunista e antisemita - antibellico.
La “peste pneumonica” dei libelli sarà l’occultamento della verità, della catastrofe che si minaccia. Qui è propriamente tale. Una satira del 1928 o 1930, quando Céline si chiamava ancor dottor Destousches. La sua prima opera - pubblicata poi, in parte riscritta, nel 1933, un anno dopo il “Viaggio al termine della notte”, per sfruttarne il successo. Una farsa più che una commedia, molto svelta, con nomi che vorrebbero essere un programma invece dei personaggi. A partire dal dottor Bardamu: non c’è Céline, ma c’è il Bardamu che farà testo dal “Viaggio” in poi, per assonanza col poilu delle trincee, il soldatino senza difese, nella Grande interminabile Guerra - l’esperienza della morte che segnerà per sempre il giovane patriottardo volontario sergente di cavalleria Destouches. Niente più si salverà, già in questa “Chiesa”, che è la Società delle Nazioni. Se non il corpo delle donne – l’impulso sessuale, detto “la bellezza - e anche quello incostante, una va, l’altra viene.
Lega l’azione, per così dire, il dottor Bardamu. Al primo atto il dottore, epidemiologo in Bragamance (in Africa) per conto della Società delle Nazioni, l’Onu di allora, della sezione che poi si chiamerà Oms, insieme con un epidemiologo della fondazione Barrell (Rockefeller), filosofeggia sull’inutilità della cooperazione allo sviluppo. In Bragamance si muore infatti di “peste pneumonica”, che però le autorità sanitarie non ammettono: “Qui non abbiamo la peste pneumonica. Ce l’hanno in Manciuria la peste pneumonica!”.
Al secondo atto si rappresenta la futilità delle fondazioni – oggi si direbbe del terzo settore. Che servono ai viaggi, e alle avventure delle vergini. Fondazioni e missioni Sdn servono anche a contrabbandare liquori, fumo, e morfina. Qui c’è pure il futuro medico dei poveri: “Mi farò una piccola clientela a Bois-Colombes”, così Bardamu lusinga la ballerina newyorchese dalla forti gambe.  
Al centro della commedia, all’atto terzo, è la Società delle Nazioni a Ginevra. Dove si dibatte l’unificazione dei sistemi e delle terminologie di registrazione dei casi di morte – tale e quale oggi, che di coronavirus si muore a decine di migliaia, oppure solo a decine. Prospettando la costituzione di un comitato di esperti. E si lavora alla cresta sulle spese di missione. Col balcanico profittatore, l’Idealista Scandinavo, il Ventrenord Sassone. Nell’ufficio del direttore del Servizio Compromessi, di nome Yudenzweck. Con un direttore degli Affari Transitori, di nome Mosaic. E un direttore del Servizio Indiscrezioni, di nome Mosè.
Ma non c’è l’antisemitismo, non ancora. Yudenzweck è “un omino vestito da ebreo polacco: lungo spolverino nero, lungo copricapo, occhiali spessi, naso estremamente adunco, ombrello, ghette”. E licenzierà Bardamu, che “non ha spirito amministrativo”. Ma non c’è livore antisemita. Qualche elemento c’è: all’obiezione di Mosaic, “non ci staremo esponendo troppo, come i gesuiti?”, Yudenzweck risponde: “I gesuiti non erano abbastanza ricchi”. Ma ha sempre protetto l’incompetenza burocratica del dottor Bardamu. E lo licenzia con queste credenziali: “Intelligente, temperamento artistico, scientificamente mediocre, amministrativamente incapace, individualista, poco governabile” – che è una colpa, perché alla Società vige “il collettivo”. Dicendo fra sé e sé di Bardamu quello che il futuro Céline penserà di sé: “È un ragazzo che non ha nessuna importanza collettiva, è solo un individuo”. Soprattutto gli pone, dopo lunghe esitazioni, “era tanto che volevo chiederglielo”, la domanda ferale: “Ma lei, perché ha studiato medicina?”   
Una satira delle buone intenzioni.  “Una rivista aristofanesca”, la annuncia Céline scrivendo a un amico. Ma è anche un esame di coscienza a metà vita, quando Céline rifiuta la vita comoda, il posto alla Sdn e la moglie ricca e innamorata, per le forti ballerine americane, che vanno e vengono, l’ambulatorio di periferia, e la scrittura, furiosa, in solitario. Yudenzweck è il vero capo di Céline a quella che oggi è la Oms, l’organizzazione delle Nazioni Unite per la sanità, il dottor Rajchman, che lo ha sempre protetto. Da lui Bardamu si fa anche dire l’essenziale, quello che sarà il suo vangelo di scrittore: “Chiunque conosce l’alfabeto è un autore che non va trascurato, Bardamu”. Il potere delle lettere non è nella scrittura ma nel conformarsi. “Lei non dominerà mai niente, mai nessuno”, trascurando i documenti, insiste: “I documenti sono un ottimo mezzo per dominare. Quando un barbaro impara a scrivere acquisisce una nuova specie di vanità che noi possiamo lusingare. Possiamo perciò farlo diventare un amico, cioè un debole. La maggior parte di queste persone sono illeggibili tanto sono vuote, e io le leggo”.
Un’ottima introduzione ne ricava fondati elementi di quello che sarà Céline. Il nichilismo – acquisito, nella sporca guerra. Il “rendu émotif” poi tanto avocato, “per caratterizzare la sua scrittura aconcettuale e acontenutistica”. L’incumbent di una vita dottor Semmelweiss, da Céline incontrato per la tesi a Medicina, il benemerito della sepsi o disinfezione batterica, già col semplice lavarsi le mani, licenziato per questo dall’ospedale a Vienna - morirà lui stesso di setticemia quasi procurata, un’infezione durante un intervento chirurgico, subito dopo che Pasteur ne ebbe validato la teoria.

L’introduzione ottima è di Maurizio Gracceva. Che sarà poi condannato per molestie alle allieve del liceo romano Tasso, dove insegnava storia e filosofia. Un anno fa, un giorno prima che la peste pneumonica si dichiarasse in Italia, il 20 febbraio. Una diciottenne aveva depositato in Procura i 2.600 sms ricevuti dal prof., “al ritmo anche di 200 al giorno”: la peste al tempo della normalità.

Louis-Ferdinand Céline, La chiesa, Irradiazioni, remainders, pp. 166 € 6,20




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