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sabato 28 marzo 2020

Mito e mistificazione

“Cos’è lo specifico dell’Uomo? Il linguaggio”. Un testo – lunghe conversazioni col giornalista Georges Charbonnier – post Sessantotto. Poco regolamentare cioè: franco, allegro. A partire dall’etnologo che è un disadattato: “La difficoltà di adattamento all’ambiente sociale nel quale si è nati è il motivo che spinge a diventare etnologi”. E dal concetto già allora abbondantemente criticato di primitivo. La storia esiste anche per chi non la scrive, per i primitivi, ma per loro non ha alcun  senso, perché qualsiasi cosa che non sia sempre esistita viene giudicata illegittima – una lezione di fisica e di filosofia. Mentre noi facciamo esattamente il contrario.
Il progresso ha una falla-faglia alla radice: “L’uomo, per stabilire il suo impero sulla natura, ha dovuto asservire un altro uomo, e trattare quindi come un oggetto una parte dell’umanità”. E ancora: “Il mito è l’inautenticità radicale”. “Il mito è la cosa più astratta che ci sia. Il mito mette in atto delle proposizioni simboliche che per essere analizzate esigono un ricorso alla logica simbolica. D’altronde mito e mistificazione sono parole molto simili….”. 
Altri lampi sono ormai saggezza comune.  Nel neolitico, le conquiste (innovazioni) sono “apparse indipendentemente in diverse regioni del mondo”. La scrittura invece, comparsa in un luogo preciso, serviva “per esercitare il potere: per fare inventari, cataloghi, censimenti, leggi e ingiunzioni”.
Claude Lévi-Strauss, Primitivi e civilizzati

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