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domenica 28 febbraio 2021

La Sicilia dipinta

Un libro vecchio ma vivo sul Sud, e onesto - intelligente. Sulla  Sicilia e, di passaggio, la Calabria. Su eventi drammatici: l’assassinio del sindacalista dei contadini Carnovale, il primo sciopero nelle miniere di zolfo. E di colore: la visita al paese natale del sindaco di New York Impellitteri. Con un scrittura applicata e misurata. Con un occhio specialmente felice, anche a distanza di quasi settant’anni.
Carlo Levi fu in Sicilia inviato speciale nel 1951, nel 1952 e nel 1955. Gli scritti poi raccolse in volume, sotto questo titolo, nel 1955.
Un capolavoro di reportage su un f atto di cronaca nera, ben prima di Truman Capote, è la terza parte del volume, il racconto degli incontri con Francesca Serio, la madre del sindacalista Salvatore Carnevale, fatto uccidere dai principi Notarbartolo, direttamente o per tramite della mafia. Implacabile accusatrice al processo, assistita da Pertini, in qualità di avvocato del sindacalista socialista. Di grande memoria e imbattibile logica. Eversive allora le accuse di malcostume ai Carabinieri, da parte dello scrittore più che di Francesca Serio, ancora oggi inconcepibili per coraggio.
La seconda parte, 1952, è il reportage dello sciopero dei minatori dello zolfo di Lercara Friddi, e della riforma agraria che (non) si faceva a Bronte, feudo dei discendenti di Nelson. Lo sciopero dei minatori è così sintetizzato da Levi nell’introduzione, tre anni dopo: “Continuò ancora e finì col loro pieno successo”, dopodiché il padrone Ferrara avrà troncata la carriera politica nella Dc per le intemperanze dei suoi “sorveglianti-aguzzini, accusati di maltrattamenti sui ragazzi che lavoravano nella miniera”. Cronache ad effetto.
La prima parte, colorista ma non superficiale, è la cronaca della vista di Impellitteri a Isnello, il paese dove era nato. Giocata sul Sindaco-Messia, giacché la visita capita giusto nella Settimana Santa. E si svolge proprio come un rito. Che una “una voce isolata e acutissima”, entro la folla muta, interrompe a un certo punto: “Vincenzino! Bedduzzo di mamma! I fìmmini di Isnello qua stanno! Guardaci, Vincenzino! – Era una donna vestita col velo nero delle contadine, che protendeva le braccia. La guardai e la riconobbi: era una autorevole deputatessa, componente valorosa del nostro Governo”. Era, a una piccola ricerca, la sottosegretaria Cingolani, che poi si farà avanti in “abito più ministeriale”, per accogliere il Sindaco come Autorità – Angela Maria Guidi Cingolani, Dc, sottosegretario all’Industria, romana, eletta in Liguria, slavista, animatrice nel partito Popolare nel 1919 del movimento per il suffragio femminile, una delle poche donne alla Costituente.
Una sguardo critico nella giusta misura, e spontaneamente, culturalmente, partecipe. Sulla miseria, che confronta Levi ovunque, anche nei momenti di esilarata beatitudine, della luce, della vista, delle maniere, dei linguaggi. Sul “mafioso”. Sulla mafia. Sui duchi, e le duchesse, di mafia. Sulla questione meridionale, che non nomina ma descrive: un uomo in coma, di cui tutti parlano e nessuno si occupa.
Molte note di viaggio resistenti. Danilo Dolci, “l’architetto triestino”. La vecchia statua di santa Rosalia, “la Protettrice” di Palermo, sul monte Pellegrino, “dal collo lunghissimo e dallo strano viso di capra”. Villa Palagonia a Bagheria una “cineseria”: le statue gigantesche, il giardino circolare circondato da un muro, gli alberi contorti. Pippinu u’ Lombardu, “un maestro milanese calato in Sicilia per esercitarvi il suo mestiere”, che fu il primo pentito, caso celebre del 1860, prima di Garibaldi. La visita notturna al fioco lume di una canela al Cimitero dei Cappuccini a Palermo. Le “sciare” pietrificate dell’Etna polverose ancora di fumo. “La nera Catania costruita di fumo”, che è “la più bella città di Settecento”. Trapani, “Assisi del Mezzogiorno”. Il Canale di Sicilia, “il più antico dei mari”. Mentre ad Alcamo non c’è nessun segno di Ciullo d’Alcamo.
Un viaggio sempre in terra conosciuta, senza sdegni, o sorprese fa vergine inconsunta. Dappertutto ritrovando la Grecia. Nelle “tipizzazioni” di cui si gratificano i giovani di Catania, per il gusto  di creare delle figure attorno ala persone. Nella scena del cantastorie nei “giardini incantati di palme” di Palermo, che col solo ritmo di un bastone canta. gli occhi socchiusi come un cantore cieco, lunghissime storie di Ruggero, una “narrazione  senza fine”, a una “folla di popolani, vecchi, bambini” immota. Un viaggiatore colto al Sud.
In sintesi anche uno squarcio della Calabria, al ritorno dalla Sicilia nel 1952: una breve indagine sull’occupazione delle terre semiabbandonate del marchesato, in compagnia di Rocco Scotellaro.
Una prosa pittorica. Una serie di quadri. Su basi politiche solide e non vuote. Carlo Levi non era simpatico – non a Sartre, che pure si ra recato ad omaggiarlo, proprio in quei primi anni 1950. Ma del Sud nel primo Novecento è testimone e cronista esemplare: benevolo (“empatico”) ma acuto, critico – l’unico probabilmente fuori dai cliché della feudalità e della mafia. Da antologia la pagina sul “nero velluto degli occhi” che lo segue a Palermo - gli occhi neri, di uomini  e donne, “di un nero insieme vellutato e lucente”, e “pieni di un fuoco, di nero fuoco sfavillante, teneri insieme e feroci, languidi e miti e drammatici…”. O le pagine sui fuochi d’artificio a Palermo sul mare per santa Rosalia, “due ore continue di fragori e bagliori” – in una Palermo non ancora penitenziale.    
Con intenti scoperti,
  a volte, di costruzione lirica, per un suo personale stato euforico. “C’è qualcosa oggi nell’aria di insolito, di festivo…”. Ma il più del tempo disteso, aneddotico, il Sud lo stimola in questo senso. Ai tanti squarci accumulati nelle corrispondenze altri ne aggiunge nella presentazione. Bellavita, la vacca carissima della Riforma Agraria, “la sola che fa la bella vita”. Il nuovo vescovo di Santa Severina in Calabria, appena sceso da Torino, che ha urgente bisogno di confidarsi col torinese Levi. L’assassinio dell’assassino di Carnevale, avvicinandosi il processo. La caccia organizzata in suo onore da una banda siciliana di briganti-contadini – due racconti in uno, compreso anche come si passa da pacifici a  briganti.
In questa  edizione con una presentazione lirica, cioè piena di aggettivi, di Consolo. Ma Levi è stringato.
Carlo Levi, Le parole sono pietre, Einaudi, pp. XXXV + 158 € 11

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