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Il drone ci guarda, e ci bombarda
Le due guerre, in Palestina e in Ucraina, hanno consacrato l’uso dei droni
quale arma. Con funzioni sostitutive di vasto impiego nell’aviazione (osservazione
e caccia) e in artiglieria (aggiustamento e tiro). Israele li ha subiti, di fabbricazione
iraniana, in uso agli Hezbollah e ai Pasdaran. Ma poi li ha utilizzai
diffusamente, per la sorveglianza di Gaza e del Libano, e in funzione operativa
nei bombardamenti dell’Iran e della stessa Gaza. In Ucraina sono stati
probabilmente l’arma di difesa più efficace per Kiev, in terraferma, nel mar
Nero, in territorio russo.
I droni hanno sostituito i ricognitori classici: l’aviazione leggera e, in artiglieria, gli osservatori sul campo. L’Ucraina, che allo scoppio della guerra
ne era sprovvista, se non per una trentina di “avvistatori” di fabbricazione
turca, con i quali ottenne alcuni successi in Crimea e contro la flotta russa, ne
ha fatto un uso decisivo per bloccare l’“Operazione Speciale” russa. Sviluppando
una propria capacità di produzione, e strategie nuove di impiego, specie in territorio
russo. Lo stesso ha fatto la Russia, utilizzando dapprima i droni iraniani Shahed,
droni”suicidi”, senza ritorno, poi producendoli in proprio, con adattamenti.
La Russia ha sviluppato soprattutto droni First Person View (Fpv),
pilotabili a distanza, forniti di registrazione radiocomandata delle immagini, e
anche di cariche esplosive in grado di penetrare le corazze dei mezzi pesanti a
terra - entro un raggio d’azione ancora limitato, fino a 30 km. Usatissimo da
Israele a Gaza, Gerusalemme e Cisgiordania. L’altro tipo di droni, droni “suicidi”,
funziona come un missile, è cioè a perdere, anche se per un raggio d’azione ampio,
fino a 2.000 km, e con esplosivo però ridotto, di 4-50 kg. Ma costa poco, 35 mila
dollari – il costo minore di un missile, anche del missile anti-aereo, come
quello in uso in Israele, varia tra 1 e 2 milioni di dollari.
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