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L’Intelligenza Artificiale sarà intelligente – e provvida
“Una nuova
Rivoluzione Industriale?”, si chiede il Fondo Monetario in questo numero di fine
anno della sua rivista, l’anno che ha visto l’ingresso in forze nei processi
produttivi dell’intelligenza artificiale. E una rivoluzione da temere? È già già successo
con la prima rivoluzione industriale, della metallurgia e la meccanica, con la
seconda, della ferrovia e il vapore, nell’Ottocento, e a fine Novecento con l’Ict,
l’industria dell’informazione e le comunicazioni. Senza danni, solo adattamenti.
In un cammino ascendente della ricchezza globale, e della sua distribuzione.
“Da Atene agli
Abbasidi fino all’odierna Anglosfera, creatività e commercio guidano la
grandezza”. Ogni rivoluzione industriale, dacché l’Inghilterra ha introdotto la
tecnologia nella storia, è guardata con sospetto e con paura, esordisce Norberg,
l’autore di “Open. La storia del progresso umano”, e prima ancora di un “Manifesto
capitalista”, o “Come il libero mercato salverà il mondo”. Un liberista
trinariciuto. Che riprende e riadatta le vecchie riflessioni di Adam Smith. Con
meno filosofia e più dati. Ma in forma di monito, contro la politica americana dei
dazi.
Il ragionamento è
semplice. Gli imperi hanno prosperato aprendosi al mondo. Come per gli Abbassidi
a Baghdad nel IX secolo che programmarono la città e la politica per farsi centro
del mondo, aprendosi alle culture e ai commerci, e prosperarono immensamente per
secoli, la “mentalità aperta è una delle chiavi del successo di sette grandi
civiltà che abbracciano due millenni e mezzo”. Gli insegnamenti pratici di
queste culture, è la conclusione, non potrebbero essere più importanti oggi,
mentre i paesi scelgono ancora una volta di isolarsi – fisicamente,
economicamente, digitalmente e dalle nuove idee.
Johan Norberg, Why Civilizations
Flourish and Fail, Imf “F&D – Finance and Develoment”, dicembre 2025 (leggibile
anche in italiano, Perché le civiltà prosperano e falliscono)
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