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Macron o la grandeur a Mosca
Sarà la “pace di Macron”, del suo ego. Nell’alveo certo, della grandeur,
che a Parigi sfida vento e tempeste.
Macron che si invita a Mosca non porterà a nulla, già si sa. Ma non senza
danno: è dare ragione a Putin, la certificazione che l’Europa “non esiste”, si
dice a Roma. Il presidente francese, in
calo su tutti fronti, specialmente interni, politici, economici e di opinione,
ma anche esterni, in Africa e con la Cina (a Pechio l’altra settimana non ha
ottenuto nulla), va a Mosca rappresentare se stesso. Non Merz né Starmer, con i
quali non si è coordinato. E quanto al “resto” si sa che non lo considera
comunque.
Nel lungo reportage sul suo presidente, che ha redatto all’ultimo G7,
in Canada, dove si è recato espressamente per studiare Macron da vicino, lo
scrittore Emmanuel Carrère lo descrive così, a proposito di Meloni, di un “intervento
di Meloni”: “Meloni riassume il sentimento generale esclamando: «Non fatevi
illusioni, amici. Non è il 2 per cento del paese di Volodimir che (Putin) vuole
mangiarsi, è il 100 per cento e non si fermerà. Vuole restaurare il suo Impero.
Come se tu (posa la mano sul braccio di Macron) volessi che la metà del mondo fosse
tua perché prima erano colonie francesi, o tu (accenno con il mento verso
Starmer, ancora scosso dall’incidente della vigilia) il Commonwealth. E io,
guarda, già che ci siamo, e se ricostituissi l’impero romano?» Macron sorride
con indulgenza”.
L’“incidente della vigilia” era di Trump a cui cadevano per terra in giardino
alcuni foglietti, e di Starmer che si piegava a raccoglierli – senza che Trump
facesse il minimo movimento, o la sua scorta.
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