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lunedì 18 aprile 2011

Ue allo sbando e Obama solo, i due fronti dell’Italia

Non c’è solidarietà e nemmeno cooperazione per un comune interesse. Non c’è d’altra parte neppure cattiveria, non che si possa vedere. Merkel e Sarkozy che si lasciano imporre Draghi alla Banca centrale europea, l’uomo della fine dell’euro, e non da Berlusconi, ma da Londra e Washington (basta leggere il “Financial Times”, o anche solo l’ “Economist”, e l “Wall Street Journal”), è tutto dire sull’inconsistenza di questa Europa. E ancora: la Germania si può capire, che ha solo vantaggi dalla crisi, poiché si fa pagare il suo debito “italiano” dagli altri paesi europei, ma la Francia?
Questo viluppo è il modo d’essere, erratico, insulso, dell’Europa e dell’Occidente, in questa fase della storia in cui l’Europa e l’Occidente si ritengono regina e re incontestati del mondo, che invece non sono più. Non c’è altra ratio nelle due questioni di primario interesse dell’Italia, e che vedono l’Italia invece trascurata e in qualche modo punita. Una sono i tunisini, che la Francia rifiuta di accogliere, anche se ne avrebbero diritto, a costo di chiudere le strade e bloccare i treni dall’Italia. L’altra è la strategia e tattica della guerra alla Libia, che Obama gestisce con Sarkozy e Cameron lasciando fuori dalla porta l’Italia che è invece il fronte di prima linea nella guerra e ne subisce i costi maggiori.
Sono due esclusioni gravi in diritto internazionale, ed equivalgono a due aggressioni, ancorché fra paesi vicini e alleati. Si possono dire le due questioni talmente gravi da necessitare riunioni ristrette – più celeri, più segrete? No. La questione dei tunisini è in realtà di pelo caprino: la Francia ne fa una questione di principio e l’Italia pure. Non è grave. E non meriterebbe l’intervento dell’Unione Europea, non nelle forme sprezzanti del commissario all’immigrazione e del suo portavoce: “La franca ha ragione”. Su che cosa? La guerra alla Libia è un’operazione Onu, nella quale hanno diritto di decisione le autorità più remote, il segretario della Naro Rasmussen e il governo del Canada, per non dire dell’introvabile Ban-ki Moon, l segretario dell’Onu.
Sono le due esclusioni un gesto di rivalsa o di diffida nei confronti del governo Berlusconi, come purtroppo è portato a credere il presidente della Repubblica Napolitano? No, il governo italiano, con Berlusconi e senza, ne è solo vittima. Quanto a Berlusconi, Obama e Sarkozy hanno abbondato con lui in attestati di amicizia fino a prima della guerra. Né c’è solo il baciamano, scherzoso o allusivo, di Berlusconi a Gheddafi: c’è anche la tenda di Gheddafi piantata nel giardino dell’Eliseo, la residenza presidenziale francese. O il gentile patronaggio di Carla Bruni delle infermiere rumene, o bulgare, condannate in Libia per vari reati. O la co-presidenza dell’Unione per il Mediterraneo affidata a Mubarak, dal presidente dell’Unione stessa, Sarkozy. O in campo socialista la permanenza di Ben Alì e di Mubarak nell’Internazionale fino a dopo la loro cacciata.
Le due questioni d’altronde potrebbero risolversi a beneficio del governo italiano, e quindi dello stesso Berlusconi. Che dalla questione degli immigrati tunisini, non gravi, può uscire con una patente di equilibrio, a fronte della ottusità francese, tedesca e bruxellese. Mentre la guerra alla Libia è già, come sembra, l’occasione buona per l’Italia di non correre più alla guerra per conto degli Usa, in posti remoti, senza alcun effetto apprezzabile, e senza alcun riconoscimento come si vede, al costo di qualche miliardo che verrà utile nella prossima finanziaria.
L’intrusione europea nella questione dei tunisini è solo la manifestazione dell’insulso modo d’essere dell’Ue negli anni di un inconcludente Sarkozy e dell’euroscettica Merkel. Sparano cannonate sul niente – sui tunisini come sulla Grecia. Con effetti disastrosi, ma questa è l’Europa ultimamente, quello che Parigi e Berlino dicono. Quanto agli Usa, la questione libica è solo uno de tanti aspetti della perdita d’interesse e di presa della presidenza Obama sul mondo, un presidente che da sei mesi non opensa Ad altro che a riuscire a ricandidarsi con successo l’anno prossimo, messo in mora da una sparuta e oltranzista frangia di Repubblicani – il successo dei tea party è solo il riflesso della debolezza di Obama.

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