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domenica 17 aprile 2011

Il centocinquantenario fa un mese, di festa

Sottovalutato dalle istituzioni culturali: concertistiche, teatrali, letterarie), dal’università: nessun convegno, nessun filone o programma di studio, nemmeno l’invenzione di una cattedra, che è la specialità accademica dell’epoca. Dal festival di Sanremo, che era il suo terreno - dal quale anzi è stata quest’anno cancellata perfino Napoli (ha rimediato all’ultimo Benigni). Dalla Rai, che ha poi improvvisato ua trasmissione con Baudo e Vespa, finita quasi subito. Dai giornali, se non per dire i briganti galantuomini e Garibaldi un furfante – ci hanno tentato. L’opera di Roma è stata sola a ricordarsene col “Nabucco”, per la sensibilità del maestro Muti. Né ci sono stati interventi a rimedio. Mentre è stata invece larga e spontanea la risposta popolare alla ricorrenza, l’invenzione del tricolore, la partecipazione agli eventi (pochi, da poco), ovunque e con costanza, a Nord e a Sud, per la festa un mese fa e dopo.
C’è evidente una scollatura tra l’opinion pubblica istituzionale, dei giornali, delle tv, degli intellettuali, e la sensibilità popolare. Troppo politicizzata, cioè di parte, la prima, per avvertire o capire i fatto sociali. Una insensibilità che la sinistra condivide su questo tema – il patriottismo – con la destra. Non assimilabile quindi al pregiudizio neo sovietico che impera nell’intellighenzia. Sa più di stupidità – la superbia non sempre è epica, anzi più spesso è stupida.

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