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domenica 8 gennaio 2012

Letture - 82

letterautore

Camilleri - Il lettore di Camilleri sa che i carabinieri sono inutili. Anzi dannosi. E tuttavia Camilleri è educativo per il Sud. Perché sa che la vita al Sud è un’altra, e lo dice. Per i luoghi, certo, la cucina, le persone fortemente caratterizzate, e per la normalità delle grandi passioni.
Quanto ha fatto Camilleri per liberare la Sicilia dalla mafia, e dall’antimafia mafiosa di alcuni politici – siciliani sempre e torinesi, come all’inizio della “questione” – nell’opinione mondiale e nell’autostima dei siciliani? Tanto. Subito, dopo il successo dei suoi romanzi, sono tornati nell’isola i francesi e i tedeschi, in frotte, in ogni stagione, e perfino qualche italiano, che per un quarto di secolo l’avevano disertata. Perché nei suoi gialli siciliani, storici o d’attualità, succede di tutto come in qualsiasi altro posto del mondo, la Sicilia vi è sfondo di eccezionale bellezza, e qualche volta c’entra la mafia.
Il suo ragionamento è semplice. Tra le armi della mafia, fa dire a Montalbano di un locale Procuratore della Repubblica, “ci sono macari quelli come a tia, giudici, poliziotti e carrabinera, che vedono la mafia quando non c’è e non la vedono dove c’è”. Grande coraggio, in questo, di Camilleri, e impegno civile. Consolo gli ha rimproverato nel 2000, agli inizi del fenomeno Montalbano, la mancanza d’impegno. Ma l’impegno consiste oggi nel liberare la Sicilia dai furbi dell’antimafia, politici o giudici in carriera. L’impegno non può essere che azione di libertà: è impegno sfilare alla Sicilia la camicia di forza e dell’indegnità morale e della miserabilità economica.

U. Eco – “Il Sole 24 Ore” celebra con una pagina gli ottant’anni di Umberto Eco. Uno dei contributi, di Giuseppe Antonelli, è una ripassata al rifacimento del “Nome della rosa”. Molto incisiva, riga per riga, argomento per argomento. Molto “echiana”: sottile, precisa, lieve. È il più grande complimento, indiretto: Eco avrà creato uno stile letterario. Dottoralmente, da specialista non ingombrante dei segni. Sulla traccia delle “Mitologie”, la preistoria di Barthes. Ma in Italia è una rivoluzione.

Italia – In lettura è sorprendente. “Le vespe che nascono dalla carcassa di un povero cavallo si dicono progenie di nobile destriero, il favorito di Nettuno”, etc. Così gli “italiani d’oggi”, che si dicono “eredi degli immortali antichi romani invece che dei loro cadaveri” in Lessing, “Favole in tre libri”, p.38.
Per Bontempelli, “Noi, gli Aria”, p.61, “l’Italia, fra tutti i paesi del mondo, è quello in cui il senso dell’unità è più preciso e perfetto”. Pur nella diversità, “dal Gran Sasso a Capri”. E subito dopo: “Il travaglioso destino dell’Italia le ha imposto, dal medioevo al secolo scorso, uno sviluppo per divisione…. La sua storia è la somma di dieci storie, ciascuna ricca e varia come quella di una grande nazione”.
Nelle sue erratiche corrispondenze sull’Italia, Marx ha un interessante svolazzo, il paese dicendo una “strana combinazione”, tra “un mondo di voluttà e un mondo d’inimicizia”.

Si può anche pensarla una civiltà che svanisce, dopo mezzo millennio di umanesimo. Quando la Decca non curerà più il belcanto, e le University Press americane cesseranno di occuparsi del Quatto-Cinquecento, quella di Harvard per esempio smetterà l’opulenta “I Tatti Renaissance Library”, e i froci del mondo non avranno più bisogno di Michelangelo.
Già non si studia più il Cinquecento, perché la Francia s’è disaffezionata. Del Seicento si sa sempre poco, perché la Spagna continua a non curarsene. E il Sud è fermo a Edward Lear, al tempo dei Borboni – solo la Calabria è arrivata più in qua, col viaggio a piedi di Norman Douglas un secolo fa. L’asse del mondo del resto sta cambiando, c’è molta insofferenza per l’Ovest, come per il Sud. L’Italia, insomma, potrebbe scomparire. È un mercato piccolo. Per gli africani e gli asiatici non è mai esistita e non dice niente, parte le canzoni, i latinoamericani ci vengono a vedere il papa, finché dura.

Gli italiani parlano in versi senza saperlo. Sciascia porta gli esempi (“Poesia romanesca”, 77) che fondano l’osservazione di Silvio D’Amico: “Mezza granita di caffè con panna”, “Si prega di chiudere la porta”.
Solo gli italiani fanno versi quotidiani? O è l’abitudine a guardarsi l’ombelico, degli italiani, dei siciliani, dei palermitani?

Sia l’italianità lo sguardo, la seduzione, il desiderio, la furberia. È italiana Trieste (Svevo, Saba), è italiana Genova (Montale, De André), e persino Torino (Cavour, Pavese). Non lo sono Manzoni, Cattaneo, gli scapigliati, che costruiscono la gelosia dai libri. La “passione” di Stendhal manca proprio a Milano e dintorni: l’occhiata, l’illusione, l’appuntamento rinviato. Milano non si differenzierebbe da Francoforte, se non perché non ha il fiume, e ha meno il gusto delle idee.

Manzoni – Gianni Brera, “Storie dei Lombardi”, p 87, ne sintetizza fulmineo la dottrina sociale: “I poveri, scriverà Gramsci, li prende per il culo”. Non è vero, Gramsci era pudico. Ma è vero che i poveri sono nel romanzo disidratati, le donne e anche gli uomini.

Sciascia - Il giallo “Todo modo”, l’ambiguità della politica violenta, allora democristiano (era il 1974, Moro ne sarebbe morto poco dopo), oggi sarebbe giudiziario. Quello che avrebbe potuto essere un colpo definitivo alla mafia siciliana, con le indagini di Falcone e Borsellino, con le metodologie d’indagine, con gli ergastoli ai processi, con i pentiti che circostanziano ogni delitto, con l’impazzimento della mafia di Riina, i processi eccellenti hanno trasformato in un’occasione mancata. Contrada, Andreotti, Dell’Utri, Berlusconi, Mori e ora non si sa chi, Mancino?, Ciampi?, sono serviti e servono a scoraggiare l’opinione pubblica in Sicilia, a convincerla che “non c’è rimedio”. Mentre nella disattenzione sicuramente nuove mafie si ricostituiscono e si rafforzano. C’è anche una differenza radicale tra le collusioni Stato-mafia quali si denunciano oggi, e quella che Sciascia denunciava con “L’onorevole”. Oggi lo Stato più che dalla politica in questa collusione è rappresentato dalla giustizia.
Qualcuno forse non capisce, ma molti sì, anche a palazzo di Giustizia. Dove un disegno non ci sarà, eppure c’è, direbbe Sciascia. Efficace: mentre in politica le carte del partito Antimafia sono da tempo state viste e spuntate, quelle del palazzo di Giustizia sono sempre efficaci.

letterautore@antiit.eu

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