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sabato 12 settembre 2015

Quando non era nato il mito della ‘ndrangheta

Una mancanza è quello che più si nota di questa lunga serie di articoli, inchieste e riflessioni che Berto ha dedicato alla Calabria dal 1948 al 1976, due anni prima della morte: l’assenza delle mafie. Questo lungo atto d’amore per il paese nel quale scelse di vivere è pieno di dubbi e anche invettive. Per una incoercibile inerzia e neghittosità, in aggiunta a un fondo di malinconia, che Berto per trent’anni, si può dire giorno dopo giorno, non si spiega. 
La tristezza del Sud, che lo assedia fin dal suo primo viaggio di scoperta, “appena lasciate indietro Napoli o Salerno”, non lo abbandona più: quegli uomini vestiti di nero con le barbe non rasate “sembrano una viva rappresentazione del dolore e della fatica di vivere”. Un mondo che esclude: “Uno si sente separato da loro, in un modo che esclude perfino la comprensione e la pietà, perché non ha nessuna voglia di entrare nella loro forma di convivenza, che si indovina chiusa, gretta, senza gioia”. Un mondo allora contadino, in realtà, come nel Veneto natale di Berto, che però lo scrittore non conosceva.
C’è anche il proprio del Sud: il sottogoverno diffuso, e l’abuso, edilizio, dei fondi pubblici, dell’ambiente: Di questo soprattutto: un tesoro, Berto insiste pagina dopo pagina, che non c’è calabrese che non si applichi a dilapidare. E c’è la violenza, inattesa, inspiegata. Ma non le mafie. “Il profondo Sud”, una conferenza tenuta a Reggio il 6  gennaio 1968, un lungo elenco di insufficienze, non le cita nemmeno. Quella di Berto è, ancora nel 1976, una Calabria non schiacciata sulla ‘ndrangheta. Non in forma organizzata e nemmeno come violenza spicciola. Non c’è perché non c’era
Berto è il grande dimenticato del Novecento. Di cui scrisse alcuni dei capolavori, “Il male oscuro” certamente – contemporaneo e forse anticipatore del migliore Thomas Bernhard. Ma le mafie in questa sua Calabria, terra di molti abusi, non c’erano.
È la conferma di una verità. La verità che uno trae, seppure per esclusione, da questa lunga testimonianza, dettagliata, insistita, è che le mafie sono nate in Calabria con la degenerazione della Repubblica – tra gli ultimi anni 1960 e i primi 1970. Manovalanza di molta politica, Pci compreso, sotto l’occhio per questo tollerante dei Carabinieri, dappertutto dove c’era un minimo di risorse di cui appropriarsi, terreni agricoli, appalti, commerci, riscatti – e poi, dopo cioè, il malaffare propriamente detto:  azzardo, usura, droga.
Una raccolta affascinante, forse le cose migliori che si siano scritte nel dopoguerra “sul sud”. Anche se è tutta un unico articolo: la Calabria è il mare, il mare è bellezza – utilizzata poco e male, e più per mortificarla o distruggerla. 
Giuseppe Berto, Il mare dove nascono i miti, Monteleone, pp. P. 258 € 13

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