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martedì 8 settembre 2015

Il mondo com'è (229)

astolfo

Accoglienza - L’accoglienza sorridente ai profughi s’illustra in Grecia con un inglese, Andrew Davies, “un personaggio straordinario” informano le cronache, uniformi in inglese e in italiano, che fa passare il tempo ai bambini sui fogli da disegno. In Germania è invece il governo federale che ha organizzato a Monaco una festa in mondovisione per l’arrivo dei treni di profughi siriani un certo giorno a una certa ora da Budapest e da Bolzano – dopo aver chiuso la frontiere per alcuni giorni per organizzare l’accoglienza. Soprattutto per i bambini, che “bucano” meglio gli schermi – ce ne sono di “siriani” che parlano un corretto inglese e perfino tedesco:  bambole e altri giocattoli, fiori, dolci.  
La cosa è da apprezzare perché si impongono modelli di comportamento a due popolazioni fra le più insofferenti all’immigrazione forzata. Ma si raffronta amaramente con l’accoglienza spontanea, a Bari e Brindisi, delle carrettate di emigranti-profughi, dall’Albania venticinque anni, e a Lampedusa quindici anni fa con i barconi dei disperati dalla Libia. Senza l’organizzazione, certo. Ma quale organizzazione di accoglienza - vera, non per le telecamere – è stata approntatata in questi venticinque anni, o anche solo negli ultimi quindici?  Salvo quest’ultimo sviluppo, non promettente: dell’accoglienza terreno della partita per l’egemonia, che la Germania alimenta – con la curiosa coda gregaria dell’Austria, che ha fatto le stesse identiche cose della Baviera (l’organizzazione è la stessa?).
Una vera politica dell’accoglienza avrebbe bisogno di ben altri strumenti che il sorriso delle bambine bionde all’arrivo – si spera non retribuite.  Queste sono meglio che le manifestazione di odio dei “neonazisti”, ma una politica dell’immigrazione, che gli Stati del Nord non vogliono, avrebbe bisogno invece di regole applicabili. E che stronchino anzitutto il mercato vile della guera civile e del bisogno.  

Egemonia – Wolfgang Streeck, sociologo non tenero con Angela Merkel e le politiche tedesche
nella - e contro la - crisi del 2008, sostiene sul “Mulino” che l’euro fu imposto alla Germania. E con esso l’egemonia.
Ma questo non è vero, con ogni evidenza: la Germania di Kohl è sempre stata in primo piano nella creazione dell’euro (solo lo voleva più omogeneo, tra economie similari, per politiche fiscali e dell0indebitamento, ma poi ha finito per accettare volentieri anche l’Italia). Il discorso di Streeck è già entro il paradigma dell’egemonia.

Ideologia – È diventata di massa, col mercato e con la democrazia della rete, ubiqua e onnivora.  Tutto vi è soggetto, senza più sistemi o coerenze che la reggano. E più rigida nelle ideologie che si penserebbero meno divisive: l’ambiente, la natura, l’alimentazione, l’abbigliamento, la musica. Serena Danna registra su “La Lettura” un vera e propria guerra delle “correzioni” a dispetto su wikipedia in materia di cambiamento climatico, e di scienze in generale.

Ingerenza – Le reazioni internazionali sono stare rette a lungo sul principio della “non ingerenza” negli affari interni di un altro Stato. Di uno Stato o governo che fosse minimamente “legittimato” – in genere per il consenso di un congruo numero di altri Stati. La “non ingerenza” è stata il cardine della pace, del poco che c’è stata nei secoli. Con l’affermarsi dei diritti civili e umanitari, e in contemporanea col collasso sovietico, una forma nuova di diritto si va configurando, basato al contrario su una sorta di diritto-dovere d’ingerenza. A protezione appunto dei diritti stessi delle popolazioni, anche contro i propri Stati o governi, più o meno legittimi.
Un diritto non codificato, se non per il patronato dell’Onu, cui spetterebbe la decisione ultima. che però decide in base ai rapporti di forza fra i tre grandi, Usa, Cina e Russia. Non è stato nemmeno così per le guerre nella ex Jugoslavia - se non  da ultimo, l’Onu si è fatta viva a cose fatte, per la guerra aerea alla Serbia. La guerra all’Iraq è stata giustificata in parte per la minaccia chimica e\o nucleare, poi rivelatasi falsa, fabbricata dai servizi segreti anglo-americani, del regime iracheno, e in parte per la “liberazione” degli iracheni stessi. Una decisione anglo-americana che poi l’Onu interinò. Una doppia motivazione analoga fu tentata in Libia, ma con minore convinzione  L’Onu anche qui si limitò a interinare una decisione già presa, anglo-francese. Su simili basi ma senza successo Francia, Gran Bretagna e Usa hanno tentato l’intervento in Siria, che è all’origine della ecatombe in corso da un paio d’anni dei più elementari diritti umanitari.

Sarà stata l’ultima eredità avvelenata del Novecento. Che mentre ha esteso la guerra senza limiti intollerabilmente, ha posto anche dei limiti alla guerra stessa. Almeno in diritto. Il patto Briand-Kellogg ha limitato nel 1928 la legalità della guerra alla difesa. I diritti umani dovettero aspettare: le proposte – tedesche, di Weimar – di un diritto internazionale dell’uomo, in aggiunta al divieto della guerra d’aggressione del patto Briand-Kellogg, caddero nel vuoto.
Dopo la guerra una Dichiarazione universale dei diritti umani fu adottata a Parigi, il 10 dicembre 1948: “Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti”. Da cui lentamente, nella divisione del mondo tra Est e Ovest, varie organizzazioni, associazioni, piccole Onu dei diritti umanitari sono germinate, compreso il Tribunale internazionale per i crimini di guerra. Ma i principi della Dichiarazione hanno ampliato e non ristretto il ricorso alla guerra. Dal diritto di non intervento, cardine delle relazioni internazionali per millenni, il diritto di ogni paese a non essere aggredito, si è anzi passati a un diritto d’intervento, distinto anche se confuso.
Il diritto di (non) intervento è stato rimodulato nell’“unificazione” del mondo conseguente alla caduta del comunismo sovietico, sulla base dei diritti umani, che sono ora il fondamento etico di ogni politica. Nella prevalenza dell’opinione: tutto è emozione, presto e senza condizioni. L’indignazione e la colpevolezza sostituiscono ogni diplomazia, la cautela cioè e il diritto. Lo stesso iperrealista papa Giovanni Paolo II, che ha abbattuto il comunismo, ha teorizzato l’“ingerenza umanitaria” come “diritto d’intervento” ai diplomatici il 16 gennaio 1993. Ma non c’è criterio per far passare i diritti umani come criterio di giustizia. Oggi Roma direbbe che Cartagine è da distruggere perché immola i bambini, e questa sarebbe la sola novità.

Neo guerra – A fine Novecento, riferendosi alla tante guerre che avevano impegnato gli Usa nell’ultimo decennio, a partire da quella del Golfo, Umberto Eco ha ipotizzato una Neo Guerra: una senza vittime e senza fronte. In cui cioè il nemico può circolare, seppure non in armi, sul fronte interno, mentre le operazioni belliche devono essere mirate a non fare vittime - le armi “intelligenti”. Non ironicamente? 

Selezione – Quella naturale ha avuto delle “spintarelle”? A opera di ambienti o soggetti in qualche modo dominanti. L’essere umano soprattutto.
Si prenda il caso che agita i tribunali americani. Una donna voleva un figlio bianco, con gli occhi azzurri e i capelli biondi, che somigliasse al figlio della sua convivente, e la banca del seme cui si è rivolta le ha garantito un donatore bianco, biondo e con gli occhi azzurri. Poi il figlio – una figlia – è venuto nero, e la donna ha fatto causa e ha chiesto i danni per frode. La giustizia Usa sarebbe orientata a dare torto alla donna, ma solo per salvare i diritti della bambina, che è sana e questo basta. La pretesa della madre è però ritenuta corretta, e forse lo è, nella fecondazione eterologa.
La selezione naturale non è da intendersi spontanea, ma selettiva – come il nome stesso dice ma non del tutto.  

astolfo@antiit.eu

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