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sabato 9 luglio 2016

Secondi pensieri - 269

zeulig

Accudimento – È tema di recente considerazione, per le indagini di Martha Nussbaum - "Giustizia sociale e dignità umana”, e altri saggi. Ma, contrariamente alle semplificazioni storiche di genere, è sempre stato materia di riflessione, in tutta la poesia e la letteratura sulla vecchiaia e la malattia. In termini contemporanei, di “lavoro domestico”, almeno un secolo fa, nelle polemiche di Chesterston, che lo dice “la missione di una donna laboriosa, ma è tale perché è gigantesca e non perché sarebbe meschina”. Specificando: “Compiangerò la signora Jones per l’enormità del suo compito, non lo dirò mai un impegno piccolo”.

Casualità – Ha sempre un elemento di necessità, anche nella coincidenza-contingenza. Sartre la scopre uscendo dal cinema, dove il film si è svolto per immagini concatenate, guardando la folla sul marciapiedi: “Non c’è necessità nella strada: la gente si spostava, erano anonimi”.  Invece la necessità incombe, come di un disegno più vasto, non dei singoli ma della massa – dell’ora, del business, degli acquisti, dello strolling. Il superfluo, l’occasionale, la “combinazione”, eventi senza causa e spesso senza esiti, sono solo in rapporto a una necessità e a un ordine. La vita stessa è casuale e ordinata – quando si produce,  necessitata.

Dogmatismo – È più duro (inflessibile, insidioso) sotto la forma dell’antidogmatismo. Sartre, per esempio, che i giudizi estetici proferisce come esito di un’argomentazione: il cinema è e deve essere del presente,  e dunque “Citizen Kane”, che è coniugato al passato, lungo flashback, non è un film. O i romanzi di Mauriac non sono romanzi perché il romanzo deve essere… chissaché. Come un burocrate di Kafka che pretendesse dall’utente per servirlo un certificato di vivenza che solo lui, il burocrate, può dargli.

Futuro – “Impossibile da vedere, il futuro è”, è filosofia di Yoda, il Gran Maestro del Consiglio Jedi. E tuttavia retrospettivamente, nelle riletture, si scopre ben disegnato specie nelle buone opere di storia - rare. O anche in scritti occasionali, ma di chi ha la capacità di “vedere” nel presente. Magari in un “a parte” – casualmente, non di proposito. L’imminente declino dell’Occidente in una lettera di Keynes a Virginia Woolf, la violenza del messaggio basico dell’islam in un saggio di Lou Salomé sull’ebraismo della figura di Gesù.

Inadeguatezza – È termine (concetto?) corrente in analisi per caratterizzare il deficit di volontà. Era una riserva che il poeta Michaux consigliava di tesaurizzare: “Sempre tenersi in riserva di inadeguatezza. Ci sono delle malattie che, se si guariscono, all’uomo non resta nulla”.
Salvo rivedere in tarda età, con la lusinga nell’opera omnia nella Pléiade, i suoi stessi primi testi, i più fantasiosi e efficaci, per renderli politicamente corretti al gusto dell’epoca – anni Settanta: maoismo, terzomondismo, perbenismo.

Intelligenza
– Dello scrittore Nabokov Hannah Arendt diceva che era “troppo” intelligente. In un certo senso, che spiegava: “Si direbbe che cerca sempre di definire se stesso come «più intelligente di»”. E aggiungeva: “C’è qualcosa di volgare in questa sua raffinatezza”.
L’intelligenza è misura. Eccede sia contorcendosi, sia mettendosi in concorrenza.

Oblio – È selettivo, senz’altro, la rimozione non è innocente, e tuttavia vitale, come e più dell’alimentazione, materiale e o spirituale. Un soggetto incapace di oblio sarebbe nient’altro che il Funes dell’omonimo racconto di Borges, uno “condannato” a una memoria ipersviluppata, che ricordando tutto non può governare la mente, è sommerso da dettagli, istanti, lampi, sconnessi, insopportabili.

Orgoglio – È la volontà. Il peccato d’orgoglio è peccato di volontà? È tutto qui il “problema” della libertà: se essere se stessi e proteggersi  è – fino a che punto è – peccato o legittima difesa. 

Poesia – Relegata alla prosodia, la metrica, la versificazione, e a una serie di tematiche classificabili, dall’elegia all’epica, non è piuttosto il legame, per quanto tenue, che si stabilisce con l’inafferrabile reale? Per i suoi buoni propositi – la poesia non saprebbe essere cattiva, anche se è versificazione cattiva. Per il suo tentativo o scopo di accesso al reale, o supposto tale: intuitivo e non ragionato, o spirituale.
È forse questo – l’accesso al reale altrimenti che con la poesia - il fondamento alla radice della diffusione, finché c’è stata, del cristianesimo. Che, come si sa da Tommaso d’Aquino, ha “rovesciato” il mondo platonico. Del mondo spirituale buono come opposto al mondo materiale cattivo. No, il Dio del cristianesimo è uno che, dopo aver creato il mondo, lo guarda e ne è contento: è l’uomo che, cogitando, inventa il male, in pensiero e in azioni, spirituale e volontario – l’opera dell’inferno, la sua creazione e il suo dispiegarsi, è spirito e orgoglio (volontà). La poesia non si pone il problema, ma vi agisce dentro, come se.
Così faceva la poesia pre-platonica. Ma anche la poesia postplatonica: la poesia non è si è mai adattata al platonismo. Il fatto è da indagare, ma a un colpo d’occhio non se ne trovano esempi – forse John Donne, che però scartava volentieri.

Professionalità – Come opposta al dilettantismo: è un compimento, e una patente. Di capacità, serietà, efficienza, sicurezza. Mentre è solo certificazione di una capacità tecnica, di medico, avvocato, ingegnere, idraulico, elettrauto. Senza più. Il poeta, il volontario non si richiede che siano professionali, o il santo. Lo sport professionale si riteneva mercimonio fino a non molto tempo fa, prima dei record e delle classifiche – e tuttora, con qualche ipocrisia, all’Olimpiade. Nelle lettere e le arti la professionalità non avvantaggia, e anzi può funzionare da handicap. Nell’amore o nella famiglia non ce ne è in nessuna forma, per compiti pure onerosi e delicati, diventare marito o moglie, genitore o figlio. L’amore professionale è prostituzione.

Verità – È sempre a proposito di qualcosa, mentre la realtà è quello di cui parla la verità - lo dice C.S.Lewis ma si è sempre saputo. È applicata al “fenomeno” religioso, però, che questa semplice verità s’invera - invera il fatto religioso? Nella fede che è un atto di verità, ma non è razionale. Di verità poiché si applica a (nasce da) un fatto reale, di volontà (voglia, desiderio, bisogno) di credere senza alcuna costrizione, e senza allettamenti o premi.

Più che di una serie logica è fatta d’immaginazione. Nella ricerca astratta, filosofica, e nella ricerca scientifica. Qui forse più che in quella, nell’aneddotica ma anche nella pratica scientifica, la formulazione delle ipotesi.

Weltschmerz – È concetto e conio di Jean Paul, per dire la verità impossibile, la pace dello spirito, e il male incontornabile del mondo. Ma origina in letteratura – e in filosofia – con Amleto.
Con Amleto  Shakespeare introduce e impone una nuova forma di infelicità: quella della vita in sé. Che poi sarà detta del Weltschmerz - Jean Paul era anglofilo, ed era noto e apprezzato in Inghilterra, da De Quincey et al..

zeulig@antiit.eu

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