Cerca nel blog

mercoledì 3 maggio 2023

A Sud del Sud - il Sud visto da sotto (524)

Giuseppe Leuzzi


“Romanziere del Sud” lo scrittore americano Tom Wolfe, che faceva il gusto negli anni 1960-1970 (specie con  la formula del “new journalism” da lui coniata, la cronaca raccontata, che avrà autori celebri, Truman Capote, Gay Talese) diceva di scrittori di forte realismo, alla Faulkner. Alla Alvaro, diremmo, Domenico Rea, Scotellaro, per il poco che ha potuto scrivere. Non Sciascia, realista con dispiacere – secondo questo criterio non è un “romanziere del Sud”.
 
Più che agli scrittori, la definizione di Wolfe calza alle scrittrici, Carson McCullers, Flannery O’Connor, Alice Walker, Harper Lee, Eudora Welty. In Italia a Deledda – oggi a Murgia, Di Pietrantonio? Non con la stessa pietas – amore (accettazione) di se stesse.   

Sudismi\sadismi

Delle lettere al giornale “la Repubblica” sceglie quella del solito siciliano che si lamenta della Salerno-Reggio Calabria, tutta cantieri a suo dire, code etc. Mentre non è vero, è forse la migliore autostrada da qualche tempo in Italia. I cantieri sono limitati al tratto Cosenza-Altilia Grimaldi, nella valle stretta del Savuto, 30km,. che il rifacimento della Salerno-Reggio vent’anni fa aveva trascurato. Andare in Sicilia è lungo, ma che dire, p. es., della Firenze-Roma? Il Meridione è un complesso, d’inferiorità.

Sui siti dei media calabresi la retata europea dei narcotrafficanti scattata oggi si dice che ruoti attorno al porto di Gioia Tauro. Mentre ruota attorno al porto di Anversa. I comunicati ufficiali lo specificano, ma il riflesso condizionato, o la pigrizia, dice Gioia Tauro.

Il Sud non esiste
Sembra impossibile, che si sia fatto un processo lungo vent’anni, che ha posto sotto accusa i Carabinieri e lo Stato in generale (perfino la presidenza della Repubblica) sulle accuse di un “papello” del figlio di Ciancimino, un pluricondannato per mafia, detto “papello” perché non documentato: una divagazione (si spera non dettata, a scambio con i “benefici di legge” dei “collaboratori di giustizia”). Ma si è fatto. E ancora c’è gente, soprattutto giornalisti e giudici, che non ci credono veramente, ma dicono di credere, che lo Stato si vendetta alla mafia.
E non è un atto ostile del Nord contro il Sud. Lo Stato-mafia è invenzione del Sud a suo carico. Per la carriera di pochi, tra Palermo e Napoli: una decina di giudici e giudichesse, che tuttora ne ricavano ricche comparsate in tv, un paio di giornalisti tournés scrittori, e qualche editore milanese lieto di tanto scandalo.
Un Sud violento, in questo caso. Della mafia come affare. E non per cinismo, non solo: soprattutto per spregio, cosa non si fa per piacere a “Milano”. Il Sud, al meglio, “non esiste, si direbbe a Roma.
 
Si è profeti oltralpe
Si esegue in tarda prima italiana a Roma, al Parco della Musica con l’orchestra di Santa Cecilia, il “Vangelo eterno”, il poemetto del poeta ceco Jaroslav Vrchlický musicato da Leoš Janaček. Sul Terzo Regno di Gioacchino da Fiore Il Monaco profeta si ritrova “qui, sulla rupe scoscesa in Calabria,\ dove i lupi nelle caverne ululano\ sfidando I venti”. Ma poi la Calabria è il luogo che gli allarga la vista: “Ho abbassato gli occhi\ dagli altri cieli di Calabria\ verso l’oscurità del mondo…”.
Il “Vangelo eterno” è del 1914, testo e musica, della paura della Guerra. Gioacchino è figura della speranza ben diffusa nella cultura tedesca, cui Praga all’epoca ancora aderiva. E perdura la Calabria come nome mitico, di una natura naturans.
Gioacchino si può pensare come uno dei tanti suoi conterranei che fanno fortuna altrove – e solo altrove, quasi un destino. Di lui, persona pia e mente eccelsa, lo studioso dell “Apocalisse”di san Giovanni,  e del tempo della storia (che ribalta) di sant’Agostino, profeta del Terzo Tempo, quello dello Spirito, dopo quello del Figlio e quello del Padre – un mondo di purezza e libertà, il tempo dell’amore, e quindi di maggiore grazia divina (i temi degli ultimi due papi, Benedetto XVI e Francesco) - nessuno si è incaricato di promuovere la beatificazione. Ci ha pensato nel 2001, a distanza di quasi un millennio, l’arcivescovo di Cosenza mons. Agostino, ma in questi venti anni non un passo avanti è stato fatto.
 
Milano in buona coscienza
È – più che volersi? – diversa? L’archivista e storico Fausto Fonzi cinquant’anni fa, prima di Bossi, prospettava in un voluminoso saggio, di quasi seicento pagine, “Crispi e lo ‘Stato di Milano’”. Milano come  Stato, che fece guerra a Crispi tra il 1893 e il 1896, a una politica militarista ed espansionistica, nel nome del moderatismo, e la vinse – o piuttosto non vinse Menelik, a Adua?
Anche Giorgio Rumi, pacioso storico cattolico, ha “una alterità lobarda” nella raccolta “Perché la storia. Itinerari di ricerca”.
Finzi accredita a Milano anche la nascita dei aprtiti democratici dell’era che sarà chiamata di Giolitti – fino a Mussolini nel 1922: il socialismo riformista di Turati  e la democrazia cristiana di Meda. Ma il socialismo italiano era stato napoletano, siciliano, genovese, prima e più che milanese. E lo stesso i cattolici in politica contro il “non possumus”, quelli del conte Gentiloni, uno dei “cattolici del papa”, marca di Ancona.
Torna a onore della città dirsi buona socialista (rifornista) e buona popolare o democristiana. Di ripudiare la violenza. Di volere la democrazia, uguale per tutti. Ma di propriamemte milanese nella storia politica c’è la Lega, con l’autonomia differenziata oggi come già col celodurismo di Bossi, portato da Milano 1, il terrorismo rosso, nel ricordo di Gaetano Bresci?, Mussolini, la giustizia sommaria o politica. Senza contre la Borsa “parco buoi”.
 
Oggi come 150 anni fa
“La Calabria è essenzialmente il paese delle rovine: la fisionomia geologica del suo territorio, i monumenti degli uomini e dei secoli fan risaltare in ogni passo le tracce di questa caratteristica malaugurata. Nelle sue contrade giacciono seppellite sotto a frantumi d’ogni genere la Magna Grecia con tutte le sue città, leggi, scienze, arti, scuole, istituzioni; il medio evo con tutt’i suoi castelli feudali, vizi e virtù, diplomi e titolo di gloria e di vitupero; l’età moderna con tutte le opere novelle del suo risorgimento, stabilimenti religiosi, accademie, arti. Il popolo calabrese che vive su tante macerie, non è esso stesso che una vasta rovina! […] Sembra che tutt’i grandi agenti di distruzione si siano data la posta per rappresentare le scene del loro dramma sanguinoso: le guerre intestine dell’antiche repubbliche; il sistema di universale assorbimento della vecchia Roma; le scorrerie di tanti barbari, Goti, Saraceni, Turchi, Pirati, e di altri popoli più moderni ancora, non meno prodighi di sventure, dispensate però come tesori di carezze affettuose: e poi il tempo che lentamente corrode; i tremuoti spaventevoli così spesso disastrosi e funesti; le più scarmigliate passioni e le più apate [sic!], malattie di contagio e di effetti tristissimi, come l’ira fremente dei partiti, e la rabbia municipale, la torpida ignavia, e il gelido indifferentismo, il melenso egoismo e il turpe guadagno, il vertiginoso delirio delle false dottrine, e il capriccio delle novità e della goffa imitazione, tutto concorse…”
Da “Poliorama Pittoresco 1857-58”, p. 114 – ripreso da Vito Teti, “Il senso dei luoghi”.
 
Calabria
Nella serie di guide fotografiche SIME la Calabria figura in copertina come Terra Incognita. In effetti, soprattutto ai calabresi.
 
Ha il record italiano degli omicidi (dati del quinquennio 2016-2020): quasi uno (0,96) per centomila abitanti. Una ventina l’anno. Senza essere specialmente facinorosa, non come in contesto urbano – il parcheggio, il vicino di casa, l’ubriachezza (specie quella giovanile, delle cronache di Roma, Milano, Napoli). È perché si possiedono trope armi, denunciate e non.
 
Di fatto, c’è un che di brutale, accanto alla mitezza. Si legge con raccapriccio la vicenda del ragazzo Davide Ferrario, ridottto im coma vegetativo, cioè praticamente ammazzato, a pugni, da una famiglia di Crotone - da una famiglia Passalacqua, madre, fratello, figlio, figlia. Anche per la stupidità –  la violenza è spesso stupida. Ma sia il Comune che la Provincia sono parte civile.
 
Cresce e matura solo in Calabria, e in un punto specifico, Villa San Giovanni-Villa San Giuseppe, l’anona o chirimoya . Che ricorre curiosamente nella cronaca della Conquista (spagnola dell’America Latina) di Ah NakukPech, signore di ChacXulub Chen, da cui la cronaca prende il nome. Una storia “indigena” della Conquista, riferita al Chiapas, in Messico al confine col Guatemala: “Il 1519 fu il primo anno che vennero gli spagnoli qui”, tra Cozumel e Chichén Itzà: “Quell’anno giunsero a Chichén i mangiatori di anone”. I locali non le mangiavano?
 
Ha avuto, come è inevitabile, vicende storiche varie nei secoli. Ma con un marchio bimillenario. Nell’impero romano quello dei Bruzi infidi e violenti. Nel Medio Evo dei “fustigatori di Cristo”. Nel Sei-Settecento di “popolo di Giuda”. Come annotava lo storico Umberto Caldora sessant’anni fa, in apertura di “Calabria Napoleonica”: “Se i Bruzi della Calabria antica, infatti, erano visti come ribelli e infidi dai Romani, essi verranno ritenuti addirittura fustigatori di Cristo nel Medioevo. Se in età controriformista e barocca la Calabria sarà per i missionari gesuiti una parte significativa delle Indie di quaggiù, la cultura spagnola del tempo giungerà a identificare Giuda come calabrese”.
 
Reggio Calabria esce da un dodicennio di amministrazione controllata dopo un periodo di spese incontrollate con sindaci di destra, Scopelliti e Arena – quest’ultimo dichiarato decaduto per sospetto di mafia. Falcomatà figlio, di famiglia già Ds e poi Pd, saldamente legato (a suo tempo) a Renzi presidente giovane del consiglio, è riuscito a evitare il dissesto (fallimento) e affrontare un difficile risanamento. Ora il Comune può nuovamente programmare il suo futuro, ma si parla solo di liti, tra assessori e ex assessori al bilancio, dello stesso partito (Pd): la città può attendere.
 
Non è facile fare il sindaco a Reggio? Giuseppe Falcomatà, figlio d’arte (il padre Italo è stato il sindaco della Primavera di Reggio – c’era perfino la scala mobile tra i diversi piani della città, a gradoni sullo Stretto - a cavaliere del Duemila), è lui stesso inibito, condannato in primo grado un anno fa per abuso d’ufficio, avendo ceduto un albergo storico confiscato a un imprenditore amico. Doveva aprire un’asta – elementare, ma ci vuole un po’ di senno.

leuzzi@antiit.eu

Nessun commento: