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venerdì 17 maggio 2013

La mafia matriarca

Due memorie di pentiti, figlia e padre (queste raccolte da Ombretta Ingrascì), che sono in realtà un monumento a una donna non pentita, Maria Serraino, nonna e madre. Entrambe sottolineano il fascino del padre, benché piccoletto e provinciale a Milano, pieno quindi di mogli e amanti, con quattro figli da quattro madri diverse, ma l’eroe non è lui, è la matriarca Maria, sua madre, che la famiglia ha trasportato dalla Calabria a Milano. Per presto “impossessarsi” di piazza Prealpi, dove casualmente abita, in una casa popolare, facendone “il suo feudo”. Col commercio della droga. Malgrado i tanti figli e nipoti morti di overdose. E da dove a suo modo dirige la guerra di mafia forse più cruenta, tra i Serraino e i De Stefano-Libri a Reggio Calabria.
Semplice e sensazionale: una casalinga padrona di Milano, o una calabrese. Originale per questo, rispetto ai tanti libri di mafia - lo stereotipo della donna del Sud è sempre invadente. Fra le tante apologie di mafia sugli scaffali è senz’altro la più action movie ma anche la più “umana”, con la rispettabile Inghilterra, madre giudiziosa, sullo sfondo, e gli amori irrefrenabili, specie quello filiale-paterno.
Contrariamente alla presentazione, quello di Marisa Merico non è un romanzo, è un sorta di “inno alla gioia” mafioso. Altrettanto quanto le confessioni di suo padre Emilio Di Giovine, mafioso stanco, come la sorella Rita, sono dolenti. Marisa è la figlia di primo letto di Emilio, con una giovane inglese di buona famiglia. Cresce col padre fino a diventarne la “delfina”, la sostituta nei suoi lunghi periodi di carcerazione. Ma non tanto da non tirarsene fuori a tempo. O è un romanzo-verità, di sostanze (fatti, personaggi) dure, senza la leggerezza della fantasia che allevia pure l’horror, non rituali. Maria Serraino, qui sempre la Nonna, con rispetto, con affetto, fu a suo modo un’imprenditrice di grande successo. Spietata quanto ogni altro imprenditore di successo. Per l’autrice, quella del padre e della nonna  fu “una scuola privata”.  Lo avverte quando, al carcere duro in Inghilterra a 24 anni, madre di una figlia di pochi mesi, si scopre combattiva. Una che non molla, tra regolamenti severissimi e compagne di mensa e di doccia cattivissime (pluriomicide, serial killer, assassine di bambini, anche dei propri figli). In questa scuola privata, si rende conto, “dovevi essere forte”. E così pure si scopre alla fortuita liberazione pochi anni dopo: “Ero stata stoica e forte, e decisi di restare tale per sopravvivere all’esterno”. Diventando scrittrice, di successo.
Nell’originale inglese Marisa è una “mafia princess”. Non a torto, a parte le foto lusinghiere a colori di cui adorna il libro. È una mafia vera, la sua, intenta al business, che è la vera sostanza della ‘ndrangheta, come della mafia e della camorra - senza cioè le ridicole iniziazioni, i rituali, i giuramenti che fanno la gioia dei giudici e dei giornalisti, supremo diletto sembra dare questa ermeneutica povera. Affari, condotti con serietà, con semplicità, seppure col kalashnikov a portata di mano. E poi col pentimento. Marisa altrettanto determinata della nonna Maria, e sempre senza rimorsi. Anche se, certo, da poliglotta cosmopolita.
Più di tutto, in fatto di generi, il “romanzo” di Marisa Merico sembra un memoriale, una narrazione partorita da un avvocato. Con l’amore paterno assorbente, del padre e della nonna, della famiglia, come attenuante. Per più indizi non convincente: la droga transita da un porto di Gioia Tauro che ancora non esisteva, si fanno lunghi viaggi in quattro e con un carico di contrabbando nella vecchia 500, l’ortografia è sbagliata, nell’originale, di quasi tutti i termini italiani. E tuttavia è una forte storia, della Milano vera, della famiglia in Calabria e, sorprendentemente, senza eccessi, della vita carceraria.
Marisa Merico, L’intoccabile, Sperling & Kupfer, pp, 271 € 18
Ombretta Ingrascì, Confessioni di un padre, Melampo, pp. 185 € 13

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