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mercoledì 3 agosto 2016

Letture - 268

letterautore

Bovary – È Flaubert, non è Flaubert? Piperno, francesista, opina per il sì, come tutti. Ma, aggiunge, “se ne vergognava da morire”. In realtà lo dice e non lo dice, perché ala fine paga un tributo all’uso del discorso indiretto libero, mediante il quale umilmente si calava nei panni dei suoi personaggi. Ma poteva andare più oltre: nei racconti adolescenti Flaubert prospetta esplicitamente, li “dice” mentre li abbozza, i suoi futuri “eroi”, Bovary, naturalmente, e Bouvard e Pécuchet, e anche i confusi protagonisti di “L’educazione sentimentale”.  
“Il racconto dei primi battiti del cuore”, a quindici anni, scritto a diciotto, con trasporto, dà questo risultato tra i pensieri: “Quanto alla virtù delle donne, ci credo più io di tanti campioni di moralità, perché credo all’indifferenza, alla freddezza e alla vanità di cui quei Signori non tengono conto”. È una delle “Memorie di un pazzo”. Fra tante banalità, il giovane “pazzo” covava già Bovary. In quanto Federico, nell’“Educazione sentimentale”, sarà “l’uomo di tutte le debolezze”, sfrontato ma timido – e, aggiunge Thibaudet, “l’uomo che sogna la sua vita”.
Emma ricorre ancora di più - sotto le spoglie, assicurano i biografi, di Mme Schlesinger, Elisa, una delle tante fiamme del giovanissimo scrittore – in un racconto dei sedici anni, “Passion et vertu”. Un “racconto filosofico”.che la verità dell’amore cerca nella donna giovane, sposata e in trepida attesa: “C’è nelle grandi città un’atmosfera corrotta e avvelenata che vi stordisce e vi inebria, qualche cosa di pesante e di malsano, come queste grigie nebbie della sera che planano sui tetti. Mazza (la protagonista, n.d.r.) aspirò quest’aria di corruzione a pieni polmoni, la sentì come un profumo e per la prima volta; comprese allora tutto ciò che c’era di largo e d’immenso nel vizio, e di voluttuoso nel crimine”. Il racconto è, stringato e crudo, quasi un manifesto, un’anticipazione degli spasmi di Emma Bovary – Élisa-Mazza-Emma, non è nemmeno un gioco per enigmisti Seppure in forma qui di femminicidio, per quanto consentaneo - il ragazzo è geloso, cattivissimo..
Scrivere era del resto la “natura” di Flaubert, il suo unico piacere, e in questo senso tutti i suoi personaggi sono egli stesso – non potrebbe non usare il discorso indiretto libero perché non scriveva altrimenti, oggettivando distaccato. Uno che non può fare altro ma sente la scrittura come una fatica. Un giorno. Un altro sente il desiderio di scrivere montare “come eiaculare”, scrive a Louise Colet - “come fottere” a Taine.
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Consigli – Di una cinquantina di titoli dello “Speciale Estate” di “Tuttolibri”, pure accompagnati dalle letture di una decina di scrittori, nessuno alletta – eccetto i soliti noti e quasi classici, Amelia  Rosselli, Flannery O’Connor, Gozzano. È come dirsi fuori del tempo? Cioè sorpassati, non più in grado di capire, pur essendo magari lettori onnivori. O fuori delle scelte dell’industria editoriale – le case editrici devono pur vendere quache copia del “loro” autore.

Consumi – La “società dei consumi” non viene col boom, con gli anni 1960, ma con la prima guerra mondiale. Keynes, “Le conseguenze economiche della pace”, trova nella grande guerra le radici della licenza sessuale: “Più la guerra durava, più forte imponeva la sua impronta alla vita sessuale. … L’onorabilità borghese era a mille anni luce”. E della scelta di consumare più che di risparmiare: “La guerra ha svelato a tutti la possibilità del consumo, e a molti l’inanità dell’astinenza… Le classi lavoratrici possono non più voler praticare una così larga rinuncia. La classe capitalista, avendo perduto fiducia nell’avvenire, può cercare di godere il più completamente delle sue possibilità di consumo finché durano”.

Dizione – Dario Fo, novant’anni, regge per due ore di fila una platea di tremila persone, in una cavea all’aperto, microfonato certo ma sempre ben udito, distinto, in ogni singola battuta dei suoi monologhi. Applaudito per questo in continuazione, capito cioè e seguito minuto per minuto. Perché rispetta la dizione. Con la quale si è formato: un attore è uno che si fa ascoltare. Recita per essere ascoltato più che visto. Tutto il contrario della recitazione quale si presume da qualche tempo, di attori che voltano le spalle, parlano fuori scena, mugugnano e fanno un’arte di mangiarsi le parole invece di dirle. Specie le attrici. Queste per un difetto forse di glottide, o forse di scuola – ammesso che la attrici vadano a scuola, quando basta la bella figura. Un difetto fastidiosissimo al cinema, di cui rompe ogni carisma – sarà per questo che non ci sono più grandi attrici italiane: l’occhietto non è tutto, o la coscia.
Fanno corsi di dizione oggi i politici, i manager, anche i semplici venditori porta a porta, perché è  parte di una corretta (proficua) presentazione. Che è importante in molte professioni, ma non più, evidentemente, nella recitazione.

Grande guerra - Glucksmann sintetizza “La guerra come esperienza interiore” di Ernst Jünger come “una filosofia della Grande Guerra” – non facendosi illusioni sulle “«esperienze interiori» che animarono le due grandi ondate sterminatrici, rossa e nera”. Alla quale curiosamente un altro pensatore-scrittore, egli pure coscritto in guerra, può appaiare a sorpresa, Teilhard de Chardin. E perfino Keynes, che in realtà indaga “le conseguenze psicologiche della guerra” sotto il titolo “Le conseguenze economiche della pace”.
Teilhard de Chardin ha molte pagine sulla guerra, raccolte in “Écrits du temps de la guerre (1916-1919).. La più sorprendente è: “L’esperienza indimenticabile del fronte è, a mio avviso, quella di una immensa libertà”. Che si acquisisce in una sorta di denudamento, o spossessamento. La vita civile e la condizione di sodato sono come il giorno e la notte: “Man mano che il retro sbiadisce in un lontano più definitivo, la tunica ingombrante e divorante delle piccole e grandi preoccupazioni di salute, di famiglia, di successo, d’avvenire… scivola tutta sola dall’anima come un vecchio vestito. Il cuore fa pelle nuova”. Ma senza perdere il senso del reale: “Ho sentito su di me il peso di un isolamento terminale e definitivo, lo sconforto di quelli che hanno fatto il giro della loro prigione senza trovarle via d’uscita…. Questa sera, nello scisma sanguinoso che divide attualmente il mondo senza ricorso possibile ad alcun arbitro… ho visto i bordi dell’umanità – ho visto il nero e il vuoto attorno alla terra”.

Interpretazione – Eo, che da ultimo la criticava – ne criticava gli eccessi – ci ha sempre sguazzato. È come dice Rorty, ironico senza ironia, già a proposito del “Pendolo di Foucault”, che si sciroppò per intero: “Eco, decisi, ci sta dicendo che ora è in grado di godere dei dinosauri, delle pesche, dei bambini, dei simboli e delle metafore senza avere bisogno di tagliarne i morbidi fianchi alla ricerca di armature nascoste” (“Il processo del pragmatista” in “Interpretazione e sovrainterpretazione”).“È finalmente disposto”, continua Rorty, “ad abbandonare la sua lunga ricerca del Piano, del codice dei codici”.

Inviato speciale – Un Montale del 1949 su St. Moritz, riletto isolatamente sul “Corriere della sera”, è desolante – St.Moritz è finita, niente più soldi, niente più avventure dello spirito, e forse, chissà, niente più neve né ghiacciai (d’estate non si sa). Di maniera, cioè: l’inviato scrive quello che il lettore si aspetta - quello che lui o il suo direttore dicono che il lettore si aspetta.  Chiunque altro avrebbe detto che il 1949 era ancora tutto sommato un anno di dopoguerra, l’Autore no.
La stessa impressione non danno le corrispondenze di Montale in volume. Dove invece si legge in scioltezza, brillante se non veritiero, col gusto comunque dell’Autore, da centellinare e non scorrere e buttare.  C’è l’autore in dettaglio e l’autore in bulk?


Plagio – Fra le tante chicche, di cui la sua corrispondenza non  mai avara, Flaubert si scopre inavvertitamente plagiario. Di Balzac, quando infine trova il tempo di leggerlo: una scena di “Bovary” è uguale nel “Medico di campagna”, scrive, mentre “Louis Lambert”, personaggio e titolo di un altro romanzo di Balzac, non è altri che l’amico suo diletto morto giovane  Le Poittevin, e comincia “con una frase di «Bovary»”.

letterautore@antiit.eu 

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