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giovedì 4 aprile 2019

Orchi a caccia di orchi

Una bambina rapita a scuola, da un’assistente sociale e due Carabinieri. Senza spiegazioni, se non quella falsa, “i tuoi genitori ti hanno abbandonata”. Dipoi sottratta per undici anni ai genitori. Data in affidamento a un Centro di affido, di cui sono direttrici e socie psicologhe, assistenti sociali e ginecologhe all’origine del rapimento. Per pagarsi cinque milioni e mezzo di lire al mese per l’affido – dal Comune di Milano che si rivale sul padre della bambina, un imprenditore.  Per poi darla in adozione, a famiglia selezionata, in un vero e proprio mercato – questa sì, questa no, questa in prova, con diritto alla “restituzione”.
Una delle tante storie sordide impiantate a Milano vent’anni fa per sfruttare l’ondata emotiva contro gli abusi sui bambini, che peraltro alimentava. Nel quadro di una più sottile guerra alla famiglia – alla “famiglia tradizionale”. Con la complicità di un giudice della Procura di Milano, che ci ha costruito sopra una carrier, per meriti laici.
Un caso fra i tanti, di “orchi” a cacia di “orchi”. Nella fattispecie l’accusa di pedofilia contro il padre era inventata dalla psicologa. E si è dimostata infondata al processo. Ma intanto il padre si è fatto due anni e mezzo di carcere. La moglie è stata angariata dal giudice dela Procura Milanese e dalle giudici del Tribunale dei minori perché accusasse il marito. E non ha potuto vedere la sua bambina per undici anni, benché il marito fosse stato presto assolto, il Tribunale dei minori non potendo rivedere la sua decisione sull’adozione, evidentemente a un prezzo. La bambina, rapita a scuola a sette anni, è cresciuta sapendo che i suoi genitori l’avevano abbandonata, e poi li ha dimenticati. A opera di di un mondo che, ben retribuito sulle casse pubbliche, alfiere del terzo settore che le idealità ha convertito in grettissimi interessi, qui perfino violenti, facendosi scudo della “protezione del minore”. La bambina dicendo vittima del PTSD, il malessere da stress post-traumatico, che questi stessi gretti interessi hanno procurato…
La storia è raccontata dalla vittima e scritta dai due giornalisti con brio, ma è da brividi. Anche perché la stessa scrittura è molto milanese, cioè rispettosa. Mentre comportamenti criminali emergono netti. E nessuna azione penale è stata promossa contro i giudici e i loro consulenti, benché abbiamo agito contro ogni deontologia e perfino illegalmente – formalmente cioè.
La bambina viene data in adozione quando era in arrivo l’assoluzione del padre, non si poteva aspettare una settimana di più. C’è un mercato delle adozioni? Sì, attorno al Cismai, l’organizzazione di ginecologhe, psicologhe e psicoanaliste (un’altra specificità della vicenda è che si tratta quasi soltanto di donne, eccetto il giudice Forno, che dirige l’orchestra, e uno o due maschietti smarriti al Cismai, più naturalmente gli orchi) a protezione dei minori che si fa pagare un affido cinque milioni e mezzo al mese – di lire, ma sono sempre tante. Per undici anni ad Angela si fa credere che i genitori l’hanno abbandonata.  É deontologia o criminalità?  E si frappone ogni osatcolo, anche la minaccia, ai genitori che la cercano. Il pm dell’inchiesta – Forno – ricatta la madre della bambina? Si.
La storia della ghenga degli affidi e adozioni è venuta sui giornali e in tv nel 2001-2002. Ma i genitori della figlia rapita hanno dovuto aspettare per rivederla fino al 2006 – quando la ragazza, prossima ai diciott’anni, avrebbe comunque abbandonato la famiglia adottiva. Dopo averla ritrovata per caso, malgrado negli undici anni di separazione non abbiano cessato di cercarla un istante: dalle fatture del Comune di Milano per il costoso affido al Cismai hanno dedotto che era stata dislocata in un loro centro ad Alassio, e qui data in adozione a una famiglia che ci passava le vacanze…
Romanzesco. Ma quanto marcio.
Angela L.-Maurizio Tortorella-Caterina Guarneri, Rapita dalla giustizia, Bur, pp. 207 € 12

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