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mercoledì 12 giugno 2019

La Cina è vicina, al collasso

Una legge giusta, controllare il contrabbando e la delinquenza a Hong Kong, mette a nudo la debolezza intrinseca del colosso Cina: la struttura politica e istituzionale. Si dà per scontato che il partito Comunista, con l’Esercito e la Polizia ad esso legate, nella struttura “costituzionale” del vecchio sovietismo, sia lì per l’eternità, mentre il contrario è vero. Non solo la storia e il pensiero costituzionale dicono che così non può durare – non esiste una “dittatura democratica”. Anche la sociologia del benessere vuole i diritti a mano a mano col reddito.
La Cina non è al collasso. La protesta di Hong Kong non è “giusta”, anche se si basa sugli statuti speciali transitori, e la previsione è che rientrerà. Anche perché il potere a Pechino è ora persuasivo e non utimativo, come al tempo di Deng e Tienanmen trent’anni fa. Ma Hong Kong espone quello che è e sarà il problema della Cina: adeguare la struttura politica al mercato, alla moltiplicazione e al consolidamento delle ricchezze. E non c’è partito Comunista riformabile – non ce n’è mai stato uno, e non si vede come: i partiti Comunisti sono strutture di potere, monocratiche.    
Il boom cinese, che ha alimentato la globalizzazione, dura ormai da un terzo di secolo, e non si può pensare interminabile, per questo è per altri motivi, economici. Le economie mondiali prosperano su un vulcano, la stabilità instabile di un regime comunista. Il “miracolo cinese” è sempre sull’abisso.    

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