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giovedì 16 marzo 2017

Ricordo infelice di una non passione

Un’esistenza mediocre in forma di ossessione per le forme steatopigie. L’esistenza di un giovane ricco, con automobile fuoriserie, e incarico d’insegnamento al liceo.  Che insegue i fianchi opimi dell’allieva indifferentemente, “Spadoni”, e della collega sposata.
Con due note, di Silvia Perrella e di Guido Davico Bonino. Mazzaglia è autore su cui molti, da Caproni a Walter Pedullà prima di Davico Bonino, giurano. E questo “Ricordo” sarebbe il suo capolavoro. Ma l’aneddoto non è granché. E la prosa è desueta, forse volutamente - dopo Pizzuto l’innovazione linguistica è d’obbligo in Sicilia. Ma è maldestra.
Il racconto è tutto qui, la fissa per la donna robusta. Per nulla osceno, come Mazzaglia solitamente è presentato dopo questa prova. C’è astio nell’ossessione del suo narratore, contro se stesso e contro l’oggetto della passione – quando è in foia ha “la nausea”. E ritenzione: non succede mai nulla, giusto involontari sfioramenti. Non è nemmeno la storia pruriginosa del professore con l’allieva: tutti sono d’accordo, insegnanti, allieve e genitori, che l’amore se c’è si concluda presto, con un bel matrimonio.
È un esercizio linguistico? La lingua è circonvoluta. Con poche, alla fine, innovazioni. Anzi con una sola, effettivamente di grande novità e abilità: i dialoghi. Dei quali Mazzaglia ha sicura padronanza “realistica”.  Il resto è andante, con strane sciatterie. “Allibito” ricorre a ogni pagina, spesso non si capisce in che senso. “Acre” pure. Per baciare dice “appiopparle il suggello in bocca”. A un’allieva che chiama per cognome, a cui dà del lei, che ride di lui – che ride, come tutte le ragazze.
Giuseppe Mazzaglia, Ricordo di Anna Paola Spadoni, Isbn, remainders, pp. 223 € 7

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