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domenica 11 novembre 2012

L’amore è un patto col diavolo

Il deserto, invocato, si stringe cupo, la luce è aggressiva, il caldo asfissia, la follia incombe, l’hashish sdoppia, l’elemento liquido vi è vischioso, di ragni, meduse, serpenti di mare, moscerini, o altrimenti infestato da squali. È anch’esso assassino, come Berlino, nei due anni d’inferno seguiti al fallimento del lungo quasi matrimonio a Roma con Max Frisch, tra crisi nervose e cliniche psichiatriche, che il progetto di narrativa voleva unificare col deserto. Assassina è in certo senso anche la famiglia, pur amata, del testo che accompagna il “Libro del deserto”, intitolato in italiano, da Pavese, “Verrà la morte”.
“La storia di una delle mie pazzie”, annota la viaggiatrice. In appunti disordinati, riflessioni, immagini. Una storia subito remota – “così lontano laggiù a Berlino, così lontano laggiù ad Assuan”. Rifiutata anche se rivendicata. Per esempio nel sesso estremo, dove “risponde” a tre corpi “con l’assenza di mistero”, col “gusto di carne diversa”, per smascherare l’amore, “la sua mancanza di purezza, l’ipocrisia”: l’orgia è “un plurale neutro”, e “mai più vorrei dormire sola con un uomo”, è un tentato assassinio continuato. Un viaggio estremo nell’annientamento, da turista come tutti.
Scrittrice per filosofi – anche qui la lettura è traviata dalla dotta postfazione di Clemens-Carlo Härle – Ingeborg Bachmann è invece narratrice viva, anche se riflessiva, non sanguigna. “Verrà la morte” è iperbole della famiglia perfino umoristica, un esilarante piccolo mondo antico - che è l’humus più propriamente tedesco che ognuno conosce, anche se da un secolo si vuole ferrigno, non si sa se per le egemonie o per i sensi di colpa. Il “Deserto” è un viaggio dispersione, alla maniera del citatissimo Rimbaud. Un’ossessione più che un’esperienza vissuta, eccetto l’immagine della pazza alla stazione, del pazzo sacro alla festa. Un tentativo di esorcismo del matrimonio fallito, un peso troppo greve sulla delicata Ingeborg, bella d’intelligenza ancora più che di tratti.
L’orgoglio, e più ancora un tesoro di rettitudine e sapienza, umiliato, avvelenato, è la parte che traluce dal racconto e ne fa il segreto. “Il tradimento non è quello che intende la società borghese, infedeltà, poligamia, assenza, ma il non adempiere promesse che l’altro a sua volta ha mantenuto con uno sforzo estremo”. È “la violazione di un patto per tutta la vita”, quello “del segreto che viene fondato tra due persone” e che è la sola cosa che ci può essere tra due persone, “l’amore è un’illusione”. Un patto del resto “che è come quello tra Dio e il diavolo”, che non può non sfociare “nel desiderio di distruzione”.
Ingeborg Bachmann, Libro del deserto

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