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mercoledì 14 novembre 2012

Galileo era Mosè

Un libello sorprendentemente moderno. Per gli argomenti – gli undici contro Galileo, gli undici a favore – e più per lo stile terso. Secco, preciso, filante, in latino. Di enorme digerita cultura malgrado una vita da perseguitato, per metà tra i processi e le fetide segrete del Castel Nuovo a Napoli. Di immensa dottrina, di spirito equilibrato, malgrado la fama d’intemperante,  di forte intelligenza ragionativa - molti sono i mondi, le terre, i mari, “siamo come vermi nel formaggio”.  Di uno che si firma “Frate Tomaso Campanella, calabrese”. Monaco a San Giorgio Morgeto, Nicastro, Cosenza, Stilo – in Calabria c’erano molti conventi domenicani. Sopravvissuto grazie a tre studiosi e uomini di fede tedeschi, Christoph Pflug, Caspar Schopp e l’editore di Francoforte, Erasmus Kempfer, morto giovane – l’autobiografia aveva consegnato a Parigi a Gabriel Naudé, che l’ha perduta..
La difesa fu scritta prontamente e inviata a Roma nel 1616, al tempo del primo processo. Singolare l’assoluta mancanza di prevenzione antigiudaica. Negli anni della Controriforma, poco dopo le leggi restrittive di Paolo IV. Alla tradizione ebraica, a Mosè, e a Pitagora”di stirpe giudaica benché nato in una città greca”, Campanella fa ascendere la verità galileiana.
Tommaso Campanella, Apologia per Galileo

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