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lunedì 25 giugno 2018

A Sud del Sud - il Sud visto da sotto (367)

Giuseppe Leuzzi


Il Nord è puro già in antico. Apollo, uno dei tanti lestofanti meridionali, assassino a tradimento, untore della peste, vagando per purificarsi espiò presso gli Iperborei, “ai confini del mondo, alle sorgenti della notte”, dice Eliano – “una popolazione purissima del Settentrione”, aggiunge Citati (”La mente colorata”, 20).

“Si è chiesto perché paesi come l’Italia o la Grecia”, chiede Wolfgang Schäuble a Paolo Valentino che lo intervista per il “Corriere della sera”, “hanno usato molti meno fondi di investimento europei di quelli cui potevano aspirare, nonostante ne avessero bisogno?” Il Nord non ha tutti i torti.

Una gara, Frosinone-Palermo, all’insegna dell’intimidazione. Di un arbitro debole, e perfino inetto – dal Frosinone, raccattapalle e riserve, piovevano palloni in campo quando Palermo attaccava… Fosse successo lo stesso in Palermo-Frosinone si sarebbe detto mafia. Le parole contano, molto.

La federazione tedesca del calcio si è scusata con quella svedese per le scene di esultanza, “forse eccessive”, della sua squadra dopo la vittoria all’ultimo secondo utile. Il Real Madrid non ci ha nemmeno pensato, dopo le “scene di esultanza”, di Sergio Ramos e altri, alla vittoria sulla Juventus dopo l’ultimo secondo utile, decretata dall’inglese Oliver chiaramente “pagato”. Il Nord è  superiore.
 
Il mercato mafioso
Fubini ipotizza su”Corriere della sera” che l’exploit del fondo londinese Alan Howard, più 37 per cento nel solo mese di maggio, in due sole settimane, dal 15 al 31 maggio, dopo una lunga navigazione sott’acqua (“Alan Howard ha perso il fiuto”), è legato all’indiscrezione sul presunto primo “contratto di governo”, che “qualcuno fa trovare in busta anonima” allo “Huffington Post Italia”, il giornale online del gruppo De Benedetti: “Se c’è un momento in cui tutto è iniziato”, l’improvviso balzo del fondo ribassista sui titoli del debito italiano, “è il giorno e l’ora della lettera allo «Huffington Post Italia»”. Del piano A, o B, del governo gialloverde, quello che prevedeva l’uscita dall’euro.
È probabile, poiché così vanno le cose. Come al tempo del terrorismo, i giornali cassetta delle lettere non sono innocenti.
“L’assalto ai mercati di martedì 29 maggio”. Sotto questo titolo “Il Sole 24 Ore” ricostruisce in una grande inchiesta una giornata nera per l’Italia sui mercati di Borsa, per i titoli pubblici e per le banche: “Ore 10,30, l’Italia vacilla, poi scatta la difesa”.  L’Italia vacilla per un attacco concordato: “Gli hedge fund si preparavano già da mesi a sfruttare un’eventuale impasse politica”. Del fondo inglese Howard “Il Sole” documenta “l’incontro a novembre con il M5S”.
Anche “Il Sole” concorda col “Corriere della sera” che la divulgazione del piano B, o A, è stata organizzata per favorire la speculazione. “Il Sole”dà “alcuni dei tanti fondi che hanno posizioni nette corte (dunque ribassiste) sulle banche italiane”, e questi “alcuni” sono ben diciotto, compresi i maggiori. Contro banche che pure hanno – e avevano - indici patrimoniali e di solvibilità migliori in Europa. Ma poi si lascia intendere che sono manovre di operatori e istituzioni carogna, mentre sono il mercato, il modo di essere del mercato.
Il mercato è un’ideologia. Brutta, di affaristi. Se non fosse nordica si direbbe di mafiosi. Ne ha tutte le caratteristiche: illecito arricchimento, associazione, violenza. Che il mercato faccia l’unanimità della cosiddetta opinione pubblica è un’aggravante e non un’attenuante: è impossibile non configurare in questa opinione pubblica il concorso esterno in associazione, sempre a fini di lucro con la violenza.
È noto che l’informazione economica viene gestita direttamente dalle banche d’affari, che sono i soggetti mafiosi del mercato (a fini d’illecito arricchimento, etc.), con l’ausilio delle agenzie di rating. Una mafia diversa da Totò Riina, ma con bombe  solo più ingegnose, sofisticate, non meno micidiali. Che il debito pubblico del Marocco o della Romania sia solvibile come quello italiano è difficile da credere, ma è su cose di questo tipo che il mercato sfida immune ogni saggezza, specie quella dell’intelligenza italiana “buona”, piena di sé, che si deve far perdonare l’anticapitalismo: il lucro è enorme.

La scoperta della Calabria
Si può dire “Gente in Aspromonte”, la raccolta di racconti per i quali Corrado Alvaro resta famoso, la “scoperta della Calabria”, sulla traccia di Leonardo Sciascia, del suo saggio su Verga, “Verga e il Risorgimento”, da intendere il Risorgimento della Sicilia. Con una differenza: che la Sicilia è partita dai “Malavoglia” e “Mastro don Gesualdo” per un percorso di liberazione, almeno letteraria, mentre la Calabria vi è rimasta impigliata. O impigliata non è la parola giusta, poiché la Calabria stessa se ne gloria. Ma è uno stigma e una condanna, dopo essere stata una scoperta: la Calabria anche letteraria, che ai tempi di Alvaro e prima era libera e perfino libertina, da Campanella a Padula, e piuttosto curiosa, di fatti civili, letterari, filologici, storici, è da allora muta. Senza storia, senza curiosità. Se non per lamentare abbandono e derelizione, anche quando è ricca, abbiente, in carriera. Immersa nel vituperio e la derelictio in cui il mondo ostile la comprime, una forma acuta di odio-di-sé. Anchilosata sul racconto del titolo, di violenza muta, primitiva. Anche presso letterati e poeti che vivono nelle capitali del mondo, allora del presente e perfino del futuro. Come se indossassero un casco, o quello di una realtà virtuale, o una uniforme.
Sciascia, “Verga e il Risorgimento” (in “Pirandello e la Sicilia”) dice di Verga che porta alla “scoperta” della Sicilia: “Verga inconsapevolmente portava questo popolo nel flusso della storia; ponendolo, nella luce della poesia, come «problema storico» della coscienza della nazione e dell’umanità. (Sappiamo bene che c’era già una «questione meridionale»: ma sarebbe rimasta come una vaga «leggenda nera» dello Stato italiano, senza l’apporto degli scrittori meridionali)”. Certo, al tempo di Sciascia (quando?) c’era una “coscienza della nazione”.

Milano
Coutinho fa da solo la partita del Brasile contro la Svizzera. Tutti incantati. Era dell’Inter, che non lo faceva giocare, e per non pagargli l’ingaggio lo mandò all’Espanyol, la squadretta di Barcellona. Ora costa 150 milioni – è costato l’ano scorso, ora di più.


Celebrazioni in pompa, sulla “Gazzetta dello Sport” e il “Corriere della sera”,  per il passaggio all’Inter di Nainngolan, calciatore ubriacone e indisciplinato, che il Belgio da tempo ha espulso dalla Nazionale e la Roma voleva cedere, trovando a Milano un prezzo insperatamente speciale, per un golosissima plusvalenza. La pubblicità è l’anima del commercio?


Un altro interista invece, Karamoh, si segnala  per twittare: “Juve m...a”. Non gli è bastato, e ci è tornato su: “Mi son sbagliato, in realtà volevo scrivere Milan m…a”.
Si è pensato che, da africano, della Costa d’Avorio, il ragazzo volesse insultare il milanista Salvini. Ma è vero che a Milano sopratutto si impara a buttare merda su tutto.

Il Milan dunque, passato per una squattrinata proprietà cinese, sarà salvato da un calabrese, Rocco Commisso. Dopo essere stato salvato in campionato da un allenatore calabrese, Gattuso. E nei conti da un sagace direttore sportivo calabrese, Mirabelli. Si potrebbe dire Milano terrà di opportunità, anche se Commisso i soldi li ha fatti negli Usa. Ma Commisso, benché provvido salvatore, già piace meno del fantomatico Li. E si può scommettere che cause per mafie sono già in itinere.

Maroni e tre dirigenti della Regione Lombardia sono condannati a un anno di carcere per avere raccomandato la segretaria dello stesso Maroni per un posto in una società della Regione. Raccomandazione di cui la segretaria del presidente della Regione non aveva bisogno. Per uno stipendio da 30 mila euro l’anno, 1.300 al mese, che molti rifiutano. Il processo è durato quattro anni.
Si mettono il processo e la condanna nel pregiudizio politico – il leghista Maroni avrà molti nemici, non solo nel Pd. Ma un’altra verità è più certa: meglio processare la raccomandazione che la droga, che a Milano come si sa non esiste – nessuna condanna, nessun processo. Né la corruzione – se non, proprio, quando è sfacciata.

I licenziandi prendono tutti 100? Va bene se succede a Milano. Se succede in Calabria il “Corriere della sera” schiera molte pagine e i suoi grossi calibri contro – “vergogna!”, etc. Se succede a Milano grandi riconoscimenti e feste.
Quest’anno il giornale di Milano si supera: celebra in anticipo i 100 dell’anno scorso, con foto, fotine, dichiarazioni.  Milano non è solo razzista. È razzista violenta.

Milano nel 2005 ha cacciato Muti, l’ “orchestra rossa” della Scala. Senza reazione della città. Da allora la Scala è in bassa fortuna e Milano tenta di riportarci Muti, magari per un concerto di Natale. Il quale, con la scusa o l’altra, non sono un politico, ho un impegno inderogabile, sicuramente sì,  vedremo, si defila. Ora va a Kiev, gli piacerebbe tornare a Damasco, a Chicago si trova bene – ed è tutto dire. Ma Milano fa finta di nulla, bisogna sapere incassare.

Nel 1960, nel mezzo delle celebrazioni di un secolo di unità d’Italia, Milano, giunta centrista, sindaco Virgilio Ferrari, socialdemocratico di Saragat, ribattezzò la via Vincenzo Giordano Orsini in viale delle Legioni Romane, in un tardo rigurgito di romanità mussoliniana. Orsini era il capo manipolo siciliano dei Mille che, “distraendo con simulata fuga le regie truppe” borboniche, come recita la lapide al suo paese, Sambuca (Agrigento), permise a Garibaldi di occupare indisturbato Palermo,  Il leghismo parte da lontano.
“La colonna Orsini”, scrive Sciascia nel saggio “Navarro del Miraglia” (in “Pirandello e la Sicilia”), “è un po’ il «naso di Cleopatra» dell’impresa garibaldina; il perno su cui la ruota della fortuna garibaldina decisamente girò”.

Milano era celebre per le fiere. I luoghi del denaro.

Il film di Guadagnino selezionato per gli Oscar, dove poi ha vinto il premio per la sceneggiatura (di James Ivory…)  è di Crema, Cremona, Lombardia, Milano. Le celebrazioni si sono sprecate anche sul “New York Times” di come la bellezza del film sia di Crema, dei sobborghi di Crema, della villa diroccata nei sobborghi di Crema dove Guadagnino ha ambientato il suo film. Meglio di Bordighera, che era la location originaria, con più luce, più velata, etc. Solo perché Guadagnino abita a Crema, e la location vi era meno costosa. La pubblicità è l’anima dell’identità: bisogna amarsi molto per esistere.

“Chiamami col tuo nome” è però, vero, un omaggio alla campagna lombarda, sontuoso. Tra verde, acque, trasparenze, semplicità – fino alle trasparenze della sponda lombarda del Garda. La campagna lombarda, che Stendhal, per dire, tanto amava, è l’unica immagine che si fissa, nel montaggio veloce, scattante di Guadagnino. Luca Guadagnino, che è siciliano, nato in Sicilia da genitori siciliani, ha dato alla Lombardia quello che nessun lombardo, dopo Manzoni, ha coltivato o visto.

Solo perché Guadagnino (che è siciliano, nato in Sicilia da genitori siciliani) abita a Crema, e ha scelto la location meno costosa. La pubblicità è l’anima dell’identità: bisogna amarsi molto per esistere.

Milano leghista ha celebrato sabato il giorno dell’immigrato. Organizzando una tavolata di due chilometri e mezzo per loro – ma “ognuno col suo cibo”- al parco Sempione. Alla quale il sindaco ha fatto visita, dichiarando: “Sono l’anti-Salvini”. Essere il tamburo, suonarlo, e farsi l’applauso: bisogna essere pieni di sé, senza dubbio.

Sempre sabato l’Osservatorio sull’attrattività e la competitività ha decretato Milano un “modello globale”. O almeno una “città sempre più leader in Italia e in Europa”. L’Osservatorio è milanese, anzi del Comune, ma non importa: certifica il primato di Milano, e questa è un’occasione per affermarlo - non c’è traguardo in questi primati, basta la parola.

Da almeno mezzo secolo, diciamo da quando uno legge il giornale non distrattamente, Milano si celebra. Ogni pochi gironi è in cima a qualcosa, è superiore a qualcuno, viene prima o seconda - prima comunque in Italia, seconda magari a Parigi, o Londra, o New York. Non si incensa, certo, la città è molto fredda. Ma a che altezze deve essere arrivata?

Già trent’anni fa, per esempio, Roma era morta mentre Milano trionfava. Almeno sul “Corriere della sera”, che ci faceva su una pagina come oggi per l’Osservatorio: “La vita a Milano? Merita 7”. Nel rapporto di un “Population Crisis Committee” di Washington. “Roma eterna precipita nel limbo della mediocrità”. Senza scherzo: per Roma “solo un 2 in aria pulita, al livello di Città del Messico. Nell’Urbe allarme per la salute”. Invece a Milano l’aria era pulita.
Napoli stava “molto più in basso, in compagnia di Algeri e Casablanca”. 

leuzzi@antiit.eu

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