skip to main |
skip to sidebar
Le pallonate sono contro la Famiglia (Agnelli)
Nessun dubbio che i punti restituiti alla Juventus
saranno tolti, o peggio – si tratta solo di decidere qual è il momento migliore
per colpire (Ferragosto, la vigilia del campionato?). La giustizia sportiva non
è seria, tutti lo sanno. Adotta un gergo giuridico manzoniano, che dice tutto e
niente. Le camere di consiglio sono fantomatiche e ridicole. Procuratori e
giudici, Chiné, De Siervo, i Sandulli (ineffabile il Piero), sono spicciafaccende, al riparo
d’incomprensibili gerghi.
Il
fatto è nelle cronache. Cronisti giudiziari, per lo più donne, riferiscono
incomprensibilmente cose di cui non hanno capito nulla. Perché non c’era da capire:
il fatto giuridico non c’è. Il Collegio di Garanzia, la Corte d’Appello
Federale, i Tribunali sono simulacri – stipendi per gli amici, e gli amici
degli amici, giusto per una mezzoretta in camera, e in più la gita a Roma. La stessa
Figc, la Federazione del calcio, alla voce Giustizia sportiva sul sito risponde
“pagina non trovata”.
L’attacco
cronico alla Juventus, unico club indagato e punito, è un esercizio di potere,
oggi come nel 2006. Come dare ceffoni agli Agnelli, di cui il club di calcio è
la bandiera. La Juventus è un falso scopo, come si dice in artiglieria, su cui
si punta per colpire altrove. Le intercettazioni non sono verità, si sa – sono
ridicole: se il comandante della Guardia di Finanza di Torino si intercettasse
ci divertiremmo un sacco. Gli attacchi al club di calcio fanno parte della
transizione, da qui l’esercizio voluttuoso, fino al ludibrio.
Gli
Agnelli avevano troppo potere, e andavano abbattuti: sono puniti con la
Juventus anche nel portafoglio, ma soprattutto nel potere. Morto l’Avvocato non
si è osato attaccare la Fiat – Berlusconi avrebbe voluto ma ne fu sconsigliato
– perché bene o male assicurava ancora un reddito, vent’anni fa, a un centinaio
di migliaia di famiglie. Si puntò sulla squadra di calcio, di cui l’Avvocato si
era fatto una bandiera. Al primo attacco (la retrocessione!) la Famiglia si
difese fingendosi scandalizzata (Susanna
Agnelli) e scaricando tutto sugli incolpevoli manager. Il 2006 fu anche l’ultimo
atto della spoliazione di Torino da parte di Milano, con Berlusconi al comando
e alla Federazione calcio un avvocato milanese, Guido Rossi, consigliere dell’Inter
– con rigore ambrosiano l’avvocato assegnò anche alla sua quadra, che non ci
aveva nessun titolo, il campionato 2005-2006. Ora si è puntato sulla frattura latente
fra Elkann e il cugino Agnelli.
L’effetto
è stato ottenuto. Elkann ha spostato gli affari fuori d’Italia. E per quel poco
che mantiene in Italia, essenzialmente i media, se ne frega – non si sarebbe
mai potuto pensare un Agnelli contro il governo, quale che fosse, così
radicalmente come i giornali e le radio di Elkann. Ma, di più, l’Italia ora se
ne frega di Agnelli-Elkann.
È un buon segno? O perdere la Juventus, dopo la Fiat, è il segno dell’Italia sempre
più piccola e marginale? È il tipico esercizio di potere che si dice confessionale
ma forse è solo italico. Un esercizio autolesionista del potere – nel calcio,
tra macchiette, perfino da ridere, ma di dispiacere.
Nessun commento:
Posta un commento