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Quando i referendari fecero vincere Berlusconi
Quando
Veltroni voleva chiudere Berlusconi - la tv “commerciale”, che schifo - gli
elettori non disertarono il referendum, e dissero no, in massa.
Unanime,
quasi commovente, nelle celebrazioni di rito dei referendum di trent’anni fa,
l’11 giugno 1995, quelli contro la tv commerciale, promossi da Walter Veltroni,
“non si interrompe un’emozione”, la mancata menzione dello stesso Veltroni.
Neanche nella requisitoria anti-promotori di Alberto Mingardi, il direttore
dell’Istituto Bruno Leoni, ideologo del liberalismo, “Meglio poter scegliere” –
che la Mondadori dei Berlusconi si pregia di poter celebrare. È vero che Veltroni,
“non sono mai stato comunista”, è passato al liberalismo.
Anche
allora le sinistre persero ma ci fu un vero voto, una mobilitazione. Contro i
referendum.
I
referendum erano stati presentati con ben nove milioni di firme. Proposti da
Rifondazione Comunista, Verdi, Pds (ex Pci), Federazione Laburista di Valdo
Spini, ex Psi, La Rete giustizialista di Leoluca Orlando, Partito dei
Democratici (Psi, Patto Segni, repubblico-comunisti – Bordon, Ayala, etc.),
Pri, e due partiti Popolare, uno di Gerardo
Bianco e uno di Rocco Buttiglione, e Bossi – che aveva appena buttato giù il
governo Berlusconi su ordine del presidente della Repubblica Scalfaro.
Votarono
27 milioni 773 mila persone, il 57,22 degli aventi diritto, con ben 15 milioni
240 mila no - i sì fermi a 11 milioni 720 mila, pochi di più dei disciplinati firmatari.
Un’altra Italia? Ma
era solo trenta anni fa, con Berlusconi già “in campo”. È che la “gente” vota
con cognizione di causa, mentre i referendari vanno volentieri col paraocchi.
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