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sabato 1 agosto 2015

Il mondo com'è (225)

astolfo

Città politica - Altrove, a Parigi, a Londra, a Washington naturalmente, a Mosca, a Pechino, la città politica è separata e segregata da quella comune, a Roma no. C'e un quadrilatero, da Largo Chigi e San Lorenzo in Lucina a piazza S.Firenze e Corso Rinascimento dove si entra e si esce dai palazzi del governo senza barriere né aree di servitù, e il personale politico, ministri, parlamentari, collaboratori, ospiti si mescola liberamente con i passanti, sui marciapiedi, nelle piazze, nelle piazzuole riservate alle loro auto, nei caffè, le librerie, i negozi, i ristoranti.  Una promiscuità che sembrerebbe sancire una sorta di comunanza fra cittadini ordinari e la politica, la quale non si presenta chiusa negli arcani – i corridoi, i palazzi pasolin-guicciardiniani, le logge segrete. E invece ne è probabilmente la prima fonte del discredito: il potere si vuole isolato.
È pure vero che tra i passanti, soprattutto le rigogliose passanti con alti tacchi incollate all’i-phone, gli accenti padani dominano. Forse i padani diventano irrispettosi – il “palazzo politico”  vuole dire Roma – proprio per questa familiarità, che pure si godono (i padani non vogliono dover dire grazie).

La città politica romana può cambiare a Roma, anzi è già molto cambiata, col sindaco Marino. Che ha del potere una concezione sacrale. Non sembrerebbe, poiché è sempre nella merda. Ma in poco più di due anni non ha fatto altro: ha voluto monumentali molti posti monumentali, piazze e palazzi. Cioè vuoti, non vissuti come usava: a Marino piacciono le isole pedonali, altrove in regresso. Vuoti perfino di turisti – non si ferma nessuno sul vuoto.

Pax americana – Senza l’Europa non va da nessuna parte. È come dice Kissinger nell’“Ordine mondiale”: senza l’Europa, gli Usa “diverrebbero geopoliticamente un’isola al largo delle coste dell’Eurasia, e l’Europa stessa potrebbe trasformarsi in un’appendice della sfera d’influenza dell’Asia e del Medio Oriente”. Con l’Is alle porta, ecco perché.

Retribuzioni e reddito – L’ex ministro del Lavoro e sociologo dell’occupazione Tiziano Treu constata che la nuova occupazione, conseguente alla globalizzazione e alla delocalizzazione, tende a privilegiare le capacità intellettuali. Eccetto che in Italia, nota però, dove c’è solo lavoro non qualificato.
Ancora un passo e ci si arriverà: la globalizzazione è stata affrontata dall’Italia, già dalla prima crisi nel 1992, col taglio delle retribuzioni, oltre che con i massicci licenziamenti (un saldo negativo di 1.700.000 posti di lavoro la Banca d’Italia conteggiò tra metà 1992 e metà 1994). Ma è questo il motivo primo della crisi italiana: invece di fare più investimenti in produttività, si taglia. Si tagliano i posti e le retribuzioni. E i tagli non possono essere una soluzione: un sistema di retribuzioni frenate, bloccate, comunque diminuite in termini reali, blocca il meccanismo di riproduzione e ampliamento del reddito.

Sofferenza – Si vuole abolita. O comunque non si vuole vederla. Le dimissioni di papa Ratzinger non trovano altra spiegazione - dopo due anni e mezzo - che nell’abolizione della sofferenza in pubblico, la ragione sarà proprio quella che il papa ha addotto: una persona che abbia problemi di salute, anche solo di stanchezza, non si deve mostrare in pubblico. Il papa polacco che invece la sofferenza la testimoniava, come se portasse la Croce, è stato ed è molto criticato per questo.
Il papa tedesco risponde a una mentalità forse etnica, del tempo quando i vecchi, come ha rilevato Vladimir Propp, si esponevano o si uccidevano: dopo i 75 anni non si fanno in Germania interventi chirurgici o cure di un certo costo - non c’è il calcolo spesa\aspettativa di vita, che regolava i lager, non ci sono i lager naturalmente, ma è uno dei cardini dell’eugenetica, la buona morte.
Altrove si può ancora vedere Franca Valeri sul palcoscenico novantacinquenne e sofferente. O Albertazzi novantaduenne, anche se faceto e sempre ottimo dicitore. Ma l’Unione Europea, che prima o poi sarà chiamata a decidere, Non li abolirà? Non sono nella norma.

Sovietismo – È crollato senza spargimento di sangue: è per questo che non c’è stata soluzione di continuità, e tutto continua come prima? In Russia e nei Balcani, ma anche in Italia. A differenza del fascismo, che si vuole giustamente anatemizzato, il sovietismo continua. Ma perché non è finito impiccato come il fascismo. Non aveva le stesse colpe, si argomnenta. Sì, ma ne aveva altre, gravi: diecine di milioni di morti, nelle campagne, nei gulag, e nei manicomi, molti compagni impiccati o fucilati, carri armati contro le idee, una serie interminabile di abiezioni. Ma, a parte Ceausescu, si è dissolto senza morti. E non si è fatto l’esame di coscienza, semplicemente si è arreso, tal quale. I direttori spirituali sono gli stessi in Italia oggi come prima della caduta del Muro. Tifano per il mercato ma sono gli stessi, tutti d’un pezzo, indefettibili.

Unione Europea – Nata nella guerra fredda, non si ritrova senza. Il progetto non si è aggiustato al crollo del comunismo, con la ricomposizione della Germania e l’allargamento a Est, mentre il mondo si globalizzava – la data di nascita della globalizzazione è Tienanmen, 1989: la consacrazione dell’asse cino-americano avvenne nello stesso anno della caduta del Muro, sei mesi prima.
L’Unione è nata in tutti i suoi aspetti, compreso l’euro, allora Sme, prima del 1989. Un progetto rivoluzionario, senza precedenti storici, un’innovazione totale. Seppure nell’ambito di un  sistema di difesa militare, la Nato. Che era però anche un progetto di libertà, una difesa della libertà. La Nato non si è adeguata al crollo del Muro, e l’Unione Europea neppure, seppure per motivi diversi. Che sono molteplici, ma fondamentalmente due: l’allontanamento degli Usa dall’Europa, non del tutto ma sensibile, nel quadro della globalizzazione, e il ritorno della Germania continentale, ripiegata su se stessa.
L’Unione si fa, cioè in questa fase non si fa, unicamente tra europei, senza più coazioni esterne – nell’ultima crisi, la Grecia, il presidente americano ha avuto problemi a farsi sentire, e comunque il suo intervento era risentito, anche da lui stesso, come un’ingerenza. Lo sviluppo probabile sta nei limiti che Kissinger, sempre ne “L’ordine mondiale”, pone – Kissinger che è di formazione (mentalità) tedesco-europea: “Di quanta unità ha bisogno l’Europa, e quanta diversità può tollerare?” O meglio, vista la sua lunga storia: “Quanta diversità l’Europa deve conservare , per ottenere un’unità significativa?”
Una Ue ripiegata su se stessa Kissinger considera “un vuoto geopolitico”. Vittima della illusione, a suo dire, che ha perduto la Germania, della “potenza di mezzo” – o della mezza potenza?

Vandali – “Niente dopo il trionfo dei Vandali nel Nord Africa romano è sembrato così improvviso, incomprensibile, e difficile da contrastare come l’irruzione dell’Isis”: si conclude con questo richiamo sconsolato l’estesa disamina che la “New York Review of Books” fa fare - a un anonimo “specialista del Medio Oriente, ex esponente di un paese Nato” - di una ventina di libri ultimamente dedicati all’Is. Tutti concordi nel metterne in rilievo le debolezze: ignoranza, faziosità, strategie militari inconcepibili, su tre e più fronti di attacco, e l’ostilità generale del mondo islamico (grandi confessioni, sette, istituzioni,regimi, potentati, Al Qaeda), malgrado occasionali convergenze. Nonché degli Usa, la Gran Bretagna, la Francia, che hanno colpito l’Is con attacchi aerei su vasta scala, a nessun effetto pratico, la Giordania, l’Egitto, la Tunisia. E tuttavia vincente, da un tempo ormai lungo, su tutti i fronti. Compresa la propaganda, con i 20 mila volontari, in gran parte dalla Tunisia, forse per il soldo, ma anche dalla Gran Bretagna, la Francia e il Marocco.
I Vandali però non avevano contro, per l’appunto, il mondo intero. E non agivano su un impero solido come quello americano, ma su uno solo nominalmente imperiale, di fatto, da tempo, sfilacciato, disgregato, abbandonato – procedettero in Libia come su una terra nullius, benché coltivata e ancora ferace e ricca, di ori, di marmi, costruita,  adorna di molte bellezze architettoniche.

astolfo@antiit.eu

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