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venerdì 9 ottobre 2015

Quando Deutsche Bank affossò l’Italia

Fu la Deutsche Bank di Josef Ackeman, banchiere-speculatore, all’origine della crisi del debito che affligge l’Italia dal 2011. Il fatto è raccontato nei particolari in “Gentile Germania”:

“Sul debito bisogna intendersi: la colpa qui, per la Germania, è senza dubbio dei latini. Prendiamo il caso dell’Italia, dell’offensiva contro i Btp della primavera 2011, i buoni del Tesoro italiano. La Deutsche Bank, subito imitata dalle banche tedesche minori, vendette tutti i suoi Btp, che allora quotavano a valori superiori al nominale. Vendette cioè non per ricoprirsi da perdite ma per guadagnarci. E a luglio ne informò il “Financial Times”, dopo aver ricomprato Btp a termine, a prezzo prevedibilmente più basso. E aver fatto incetta di credit default swap collegati ai Btp, titoli di controassicurazione sul rischio insolvenza dell’Italia, sui quali intanto lucrava un rendimento elevato. Con una mano. Con l’altra diffuse a fine luglio un rapporto favorevole ai Btp.
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Alla svendita Btp della primavera 2011 seguì un’estate di comode incursioni sui “latini” sbandati. I fondi hedge favorirono l’offensiva allineandosi pronti. I fondi sovrani, pensione, d’investimento si adeguarono in automatico. Le vendite di Btp non si limitarono al ribasso (short) dei future, il mercato cash fu coinvolto, il giorno per giorno. In pochi mesi il future sul Btp si deprezzò del 22 per cento: da 110 sul nominale all’avvio delle vendite Deutsche, aprile 2011, quotazione sopravvalutata a motivo della solvibilità del debito, crollò a 87,5 a novembre. Mentre il Bund saliva dal 125 al 140 per cento del nominale. Il divario tra le due quotazioni è lo spread.
“L’Italia era “paragone della virtù di bilancio” a inizio 2011, a giudizio dell’Ocse. Che nel 2007-2010 ne rilevava un deficit di bilancio più basso rispetto agli altri paesi industriali. E migliorato nel quadriennio di 0,2 punti, dall’1,3 all’1,1 del pil, una volta “corretto dagli effetti del ciclo” (cioè dall’aumento dei tassi), rispetto agli Usa (- 4,9), all’Eurozona (- 1,9) e al Giappone (- 1,4). Il debito in realtà non condiziona le economie: il Paese che più s’è indebitato nella crisi è quello che ne esce meglio, gli Usa, seguiti dalla Gran Bretagna, entrambi con la politica generosa, benché accorta, di quantitative easing. Il governo italiano aveva scelto la prudenza per non suscitare sospetti nei mercati. Ma ogni virtù fu inutile di fronte all’agguato tedesco. Con le vendite della Deutsche Bank, il blocco delle istituzioni europee, Bce e Consiglio, le periodiche dichiarazioni ostili del presidente della Bundesbank e del ministro del Tesoro. Col sostegno di un’opinione ben oleata dalla stessa Germania, soprattutto i giornali, e poi con la crisi politica che portò al governo succube di Monti. La contabilità non conta, la verità ha sempre un padrone. La cosa è documentabile.

(continua)

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