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domenica 6 dicembre 2015

Emigranti con animo sgombro

Va molto il genere emigrazione fine Ottocemto, dopo il successo di “Vita”, il premio Strega di Melania G. Mazzucco a inizio millennio. Quindi annate di “com’eravamo”, in genere in forma di selfie familiari, per quanto approssimativi, di maniera, e infine monotoni. Fino al produttore di cinema Valsecchi, che ora s’inventa una famiglia siciliana non mafiosa a Brooklin. E alla “torsione” che Enrico Lamanna fa dei “Uno sguardo del ponte” di Arthur Miller, pieando i protagonista alla similitudine e alla solitudine. Questo “Emigramti” di Perri, che è stato il primo e a lungo l’unico del genere, invece si segnala per l’onestà. E per una felice vena narrativa, sfaccettata e non uniforme. Lo scrittore calabro-lombardo parla del suo paese, Careri, sotto altro nome: un minuscolo borgo alle falde dell’Aspromonte che sa animare di un’umanità viva e vivace.
I compaesani in procinto di occupare le terre, l’autore-narratore dice “gente d’ordine”. Di seguito aggiungendo: “Come tutti del resto in Calabria. La Calabria è il paese classico dei briganti, ma in nessuna regione d’Italia si ha tanto rispetto, o almeno tanta paura, dei poteri costituiti”. E così via, niente è scontato. Un altro Aspromonte, oltre che un diverso spirito migratorio, rispetto a quello successivo di Corrado Alvaro, che invece avrebbe fatto la maniera - dolorifica.
Alla fine anche Rocco Bléfari, il “segnato” di “Emigranti”, ha una resipiscenza, sotto forma di skaz col suo autore: “L’anima calabrese è piena di contrasti. Profondamente, e quasi direi violentemente, buona, ha delle singolari aridità. Tutti i buoni frutti del cuore, dalla ospitalità alla fedeltà, dalla devozione al sentimento della famiglia, dalla resistenza al dolore all’abnegazione, all’eroismo, in essa fioriscono spesso con un profumo di poesia soavissimo. Eppure la vita dei Calabresi è triste, dolorosa, angusta. Come il paesaggio, che, pur avendo tanti elementi di bellezza, non sembra bello, o la sua grazia vela di una profonda e dolorosa malinconia”.

Francesco Perri, Emigranti

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