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domenica 12 giugno 2016

A Sud del Sud - il Sud visto da sotto (289)

Giuseppe Leuzzi

Viene dalla Siria lo scirocco, il vento del Sud? È l’etimologia più scientifica, considerando che la Rosa dei Venti faceva centro convenzionalmente accanto al’isola di Creta. Il vento di Sud-Est Nord-Ovest.

Edmund White ha la figura ricorrente del provinciale a New York, che distingue per l’insicurezza.  In “La sinfonia dell’addio” lo vuole specialmente inurbato dal Sud, e lo distingue per “le pacche, l’astuzia campagnola, e l’istinto di indipendenza”.

L’angelo calabrese di Alì
Sapido ritratto di Angelo Dundee, l’angelo di Cassius Clay, in margine allo straordinario ricordo che dell’atleta ha scritto Mario Sconcerti sul “Corriere della sera”, “Il mio Alì. La tournée in Europa”. Dundee – l’edizione online ne mostra anche una bella foto - è stato l’“inventore” della farfalla peso massimo: quello che l’ha scovato in palestra, l’ha addestrato, e poi ne fu il procuratore.
Dundee “era figlio di due emigranti calabresi, aveva sette tra fratelli e sorelle. Vero nome Miranda, storpiato in Mirena dall’ufficio immigrati, trasformato da lui in un cognome scozzese perché si vergognava della sua emarginazione, del suo americano alla cosentina”. Voleva essere wasp, il bianco dominante, e non wop (guappo?) – doveva esserlo, per poter fare il procuratore.
Angelo “frequentava quasi solo ragazzi neri perché parlavano in modo anche meno comprensibile del suo. Crebbe tra le risse di quartiere, non aveva fisico, ma aveva testa. Le bande si picchiavano, vinceva chi tirava il primo colpo. Lui insegnò a doppiare i pugni. Due per volta, uno-due e con il terzo lo stendi, vinci davvero. Divenne un maestro quasi involontariamente”.
Si fece allenatore-procuratore-tuttofare di quelli dal fisico più dotato. “E come prima cosa si mise a caccia di Cassius Clay, una corte lenta, intelligente, insistente. Clay allora non aveva le idee chiare, l’altro gli diceva sei il più grande, non buttarti via. Lo seguì anche alle Olimpiadi, fu lì che lo convinse a diventare professionista con lui e con lui rimase anche quando i Fratelli musulmani non volevano bianchi intorno”.
Anche il padre di Mario era un procuratore della boxe. “Dundee era piccolo, come mio padre, sensato come lui, con un’idea del marketing del pugilato che in Italia era sconosciuta. Si trovavano bene insieme, si sono aiutati per tutta la vita. Per mio padre Dundee era l’America che non avrebbe mai avuto”.

Voto di scambio al Csm
Voto di scambio al Csm per nominare Greco alla Procura di Milano. Il candidato della sinistra  passa con i voti del centro, in cambio dei voti della sinistra al candidato di centro per la Corte d’Appello della stessa Milano. Senza omertà però, è vero, tutto dichiarato.
Dichiarata anche la filosofia mafiosa, al coperto dell’antimafia. Si dice infatti che le nomine al Csm non sono politiche, le posizioni sono di garanzia. A chi? Agli amici degli amici.
L’accordo su Greco a Milano è pubblico. Ma Unicost può permettersi di negarlo:.”La nostra è una risposta alle illazioni di mercimonio del voto e di etero direzione delle scelte del Csm”. I mafiosi soprattutto si negano.

Corleone capitale mondiale della legalità – o ll processione
La processione.
Lea (Leoluchina) Savona, sindaca dal 2012, con Berlusconi, poi con Alfano, è stata avversata dal Pd in tutti i modi: mancato titolo di studio, curriculum mancante o insufficiente, interessi mafiosi naturalmente (la mafia dice sempre: chi non è con noi, peste lo colga), ma è sempre saldamente al suo posto, e probabile rieletta l’anno prossimo. Del resto Napolitano, quand’era presidente, non ne ha disdegnato l’operato.
La contestazione più radicale (ridicola) ha riguardato il curriculum. Perché la sindaca non pubblica il suo curriculum. E quando l’ha pubblicato si è confermato che non aveva una laurea, la chiamavano dottoressa abusivamente. Anzi, non ha nemmeno un diploma - il curriculum attesta vaghi “studi agrari e giuridici”.
Ma sempre lei ha risposto a tono. Quando la campagna di stampa era su tanti anni passati a Palermo e nemmeno uno straccio di laurea, ha risposto: “Una mia cara amica mi ha chiesto come mai dopo tanti anni trascorsi a Palermo non ho conseguito una laurea quinquennale in scienze politiche. Ho risposto che in quegli anni ho assistito amorevolmente la nonna, ho fatto una importante esperienza spirituale in via Chiavelli a Palermo dalle suore clarisse attraverso suor madre Teresa Cortimiglia, ho vegliato il nonno ammalato di cancro tre anni, ho gestito l’azienda di famiglia dal punto di vista contabile, ed abbiamo ingrandito la stessa con allevamenti bovini ed ovini, ho fatto volontariato per i non vedenti, leggendo per loro la vita dei Santi, ho imparato a soffrire in silenzio immedesimandomi negli altri, ho imparato a servire e lavorare duro affinché i miei nipoti possano essere orgogliosi della loro zia che li ama tanto”. Come dire la differenza l’abisso tra le persone vere, anche in politica, e la società “civile”, dei rancorosi e odiatori sociali – che un tempo, più che furbi, si pensavano e dicevano falliti.  
La mafia naturalmente è più insidiosa, ubiqua com’è, anche nei luoghi meno deputati. A Corleone la sindaca ha voluto nello stemma la dizione “capitale mondiale della legalità”. Una che sa fare politica, insomma. E per questo forse indigesta all’apparato repressivo che governa il Sud, oltre che – legittimamente - al Pd. E così, pensa e ripensa, il busillis è stato trovato nella processione del santo. Che passa davanti alla casa di Riina, e vi si ferma, perché qualcuno (la moglie di Riina) vuole fare un’offerta.
Scandalo. Le Autorità lasciano la processione. Il vescovo trema e manda fulmini, ignavo. Scatenati i social di tutto il mondo, i santi e i preti non sono popolari. I ragazzi della parrocchia che hanno sostituito i procuratori del santo, e sono i responsabili della fermata improvvida, piangono frastornati. Giusto la sindaca dice la verità: che è tutta una baggianata. E i giudici non sanno che fare. Archiviare non possono – e i social poi?

Idea del Nord
“The Idea of North” è un libro di un professore di Aberdeen, Leida e Warwick, Peter Davidson. Uno che spazia tra Olanda e Islanda, noto per altre pubblicazioni analoghe, sui tesori del Nord - edite da una Reaktion Books, ma non importa. Pubblica per la Scozia, in prevalenza, e per gli inglesi del Nord. Nell’“Idea del Nord” fa la cronaca di una lenta escursione in queste due aree. Dopo un viaggio mentale attraverso le “figure del Nord”: la pittura olandese invernale del Rinascimento, i paesaggi romantici tedeschi, fantasmi, trolls, saghe, ghiacci, interni, la mezza estate Baltica, i “regni di Zembla e Naboland” (il Nord di Nabokov).
Un esercizio probabilmente risarcitorio, come una rivendicazione dello schiavo. In questo senso Davidson dice  il Nord un “di più”, di “assoluta, difficile bellezza”. Per lo stesso motivo non sarebbe venuto in mente di scrivere una “Idea del Sud”: il Sud è, non si deve far riconoscere. Ma come “titoli collegati” (“se sei interessato a … sarai interessato a…”) l’editore suggerisce - oltre che “Natale” e “Troll” - “la mafia”, “l’ascesa del Vampiro”, “l’enciclopedia dei Bugiardi e Imbroglioni”.

La cultura del carciofo
Il protagonista di un racconto di Bianciardi segue negli anni 1970 una lezione d’inglese alla tv, in cui Jole Giannini insegna a denominare gli articoli alimentari del fruttivendolo. Carciofo, artichoke, gli riporta alla mente “che articiocco per carciofo è termine diffuso in vari dialetti del Nord, seguendo un’area di contaminazione, forse, longobardica”. E quindi andremo a cercare il carciofo in Germania, o anche solo in Svizzera, e nelle isole britanniche. Mentre è pianta italiana, di nome latino – dall’Italia poi diffusa alla Spagna mediterranea e alla Francia meridionale. Ne parla lo storico Teofrasto, IV secolo a.C.. Gli arabi, che lo scoprirono in Spagna, lo chiamarono “harsciof”, da cui il nome italiano. Ma era una derivazione dal latino “articactus”.
Se il carciofo di Bianciardi non avesse avuto le proprietà che propagandava Calindri a “Carosello”,  sicuramente lo scrittore maremmano non avrebbe avuto problemi a riportare la semantica di carciofo all’origine latina, con buona filologia.

La Principessa dell’isola dei morti
Nell’ultimo Montalbano, “L’altro capo del filo”, Camilleri ricorda, a proposito di una cotonata libanese così denominata nell’isola, la “Principessa Sicilia”.
Ci sono riscontri. La Sicilia avrebbe preso il nome da una principessa libanese “costretta a una navigazione solitaria e lunghissima per raggiungere queste coste allora deserte”, attesta Santi Correnti, “Breve storia della Sicilia dalle origini ai nostri giorni”. Che però non rinuncia all’origine nordica. Il nome facendo derivare da una radice indogermanica che suona sik, per indicare l’ingrossamento, la crescita, e in greco serve ad indicare frutti che si gonfiano in fretta, tali siké (= fico) e sikùs (= zucca), sicché il termine significa “terra della fecondità, isola della fertilità”, come in effetti è sempre stata.
Correnti non vuole rinunciare nemmeno ai neo-greci. Afferma infatti che in periodo bizantino (secc. VI-IX) si credette che il nome Sicilia derivasse da siké ed elaia, unificando il nome greco di due piante tipiche dell’isola, il fico e l’ulivo. E non è finita.
Qualcuno, aggiunte Correnti, la vuole derivata dalla voce italica “sica”,  falce: la Sicilia come terra di falciatori. È l’etimologia che Marco Terenzio Varrone, il grammatico, avrebbe privilegiato. Con la solita aggiunta che Zancle, falce, era il nome di Messina, il cui porto naturale ha forma di falce.
Da Sikelòs no, il re eponimo che al tempo di Troia condusse i Siculi in Sicilia, in aggiunta ai Sicani e agli Elimi. L’unica etimologia plausibile.
La versione di Giuseppe Maria Salvatore Grifeo è di una Principessa Sicilia un po’ diversa: “Un oracolo aveva predetto, quando essa era ancora bambina”, in un suo Regno, forse il Libano, comunque affacciato sul Mediterraneo, “che se avesse voluto sopravvivere al quindicesimo compleanno avrebbe dovuto abbandonare il Paese da sola e in barca. Se non lo avesse fatto, sarebbe stata divorata da un mostro famelico, il Greco-Levante”. Il vento, cioè, di Nord-Est – rispetto al punto accanto all’isola di Creta dove si collocava convenzionalmente il centro della rosa dei Venti.
Quando la Principessa raggiunge l’isola la trova deserta. Sgomento. Finché un bel giovane appare, che le spiega che gli abitanti sono tutti morti di peste, ma ora gli dei gentili hanno deciso di ripopolarla con gente migliore. Dunque, la Sicilia come isola dei morti.
Il siciliano mai si smentisce, nemmeno nelle favole: parlare male di sé sarà opzione di resuscitati?

leuzzi@antiit.eu

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